E alla fine arrivò la seconda ondata epidemica. La riapertura delle scuole a settembre, in particolare, l’aveva fatta temere. Il mancato scaglionamento degli orari di entrata a scuola non ha certo contribuito ad abbassare il tasso di occupazione dei mezzi di trasporto pubblico, che può essere un fattore di diffusione del virus. L’affollamento in genere fino all’80% dei mezzi pubblici in corrispondenza con la ripresa post-ferie delle attività lavorative ha dato un’ulteriore spinta. Come le allegre serate della movida e il menefreghismo di chi non tutela la propria salute con comportamenti corretti e tanto meno quella degli altri. Di sicuro anche la diffusione di fake news sui media e i social – come, ad esempio, che il coronavirus a fine agosto avesse perso parte della sua carica infettiva –non ha aiutato. Anche per questo, considerata l’importanza che invece ha la corretta informazione per promuovere l’adozione di comportamenti corretti anti-diffusione del contagio e per sensibilizzare la popolazione, ho depositato in queste ore un’interrogazione alla Giunta regionale per avere notizie sullo stato dell’arte delle campagne di informazione istituzionali – su giornali, radio, tv – che l’amministrazione regionale finanzia tramite fondi stanziati a luglio scorso.
Rispetto allo scenario nazionale, alla luce dell’ultimo Dpcm del 4 novembre che ha messo l’Emilia-Romagna tra le regioni gialle con un minor tasso di intensità di rischio rispetto alle regioni arancioni e rosse, si direbbe che l’amministrazione pubblica nelle sue varie espressioni, il sistema sanitario, il sistema economico, i lavoratori e i cittadini hanno contribuito a raggiungere un risultato più rassicurante rispetto ad altre regioni, anche quelle con un livello di sviluppo del sistema economico paragonabile al nostro che, invece, viaggiano a ritmi di diffusione del virus molto più elevati. Una mano l’ha data anche la campagna di test gratuiti – due milioni quelli messi a disposizione – presso le farmacie, una campagna che la Giunta regionale ha rivolto a bambini e adolescenti fino a 18 anni di età, genitori e nonni, e studenti universitari iscritti al servizio sanitario regionale, per tutelare la salute di chi ruota intorno al mondo della scuola, insegnanti compresi.
Mai sedersi sugli allori, però. Anche negli uffici della Regione Emilia-Romagna – dove si entra solo dopo controllo al termoscanner, dove sono a disposizione innumerevoli confezioni di liquidi detergenti per le mani, con lo smart working che ha ridotto le presenze negli uffici – il corona virus ha fatto capolino. Questo a conferma dell’insidiosità di questa epidemia.
Una pandemia che ha costretto a porre forti limitazioni alle attività economiche per diradare l’affollamento delle persone, aprendo scenari allarmanti per i gestori delle attività, i loro dipendenti, lavoratori autonomi e partite iva, ad esempio quelle del mondo degli spettacoli musicali dal vivo, del teatro, del cinema. E che impone delle strette che si riflettono anche sull’organizzazione delle famiglie, penalizzando in modo particolare le donne e i settori più fragili della popolazione.
Mentre siamo alle prese con la pandemia, non va però dimenticata l’emergenza climatica. Anzi, come ripeto da mesi, l’emergenza economica che deriva dalle limitazioni imposte alle attività lavorative andrà affrontata e lenita cogliendo le opportunità dei fondi europei per avviare al contempo la transizione ecologica ed energetica. Un percorso difficile, come testimoniano gli interventi che faccio nelle commissioni consiliari e in Assemblea legislativa e che rimbalzano dalla mia presenza sui media.
L’impegno per avviare la svolta verde in Emilia-Romagna però continua. Una svolta che vorremmo imprimere anche all’amministrazione comunale di Bologna e degli altri importanti comuni, come Rimini e Ravenna, che la primavera prossima andranno ad elezioni per eleggere i nuovi sindaci e rinnovare i Consigli comunali.
Dopo i sindaci verdi di Lione, Marsiglia, Bonn, Colonia, Aquisgrana e Wuppertal, sogniamo sindaci verdi anche nel nostro paese.