Oggi, in Commissione territorio, ambiente e mobilità, sono intervenuta sull’informativa dell’assessora regionale all’ambiente Irene Priolo sul documento strategico propedeutico alla redazione del Piano regionale di gestione dei rifiuti e per la bonifica delle aree inquinate 2022-2027, in via di definizione.
Sono partita dall’esprimere soddisfazione per il percorso di condivisione, intrapreso dalla Giunta, con noi consigliere/i che siamo le portatrici/i portatori delle voci dei territori, sempre più sensibili rispetto ai temi dell’impiantistica e dei rifiuti sia solidi urbani che speciali.
Ho apprezzato anche che il nuovo Piano regionale introduca il principio di prossimità e che si occupi non solo dei rifiuti ma anche della bonifica delle aree inquinate. Tema quest’ultimo centrale non solo per l’Emilia-Romagna ma anche per tutto il Paese, specialmente considerando il grande deficit italiano nel riuscire a recuperare le aree inquinate una volta che siano state risanate.
Ho inoltre evidenziato che, sula base delle novità introdotte nel documento, a mio parere emerge la necessità di intervenire anche sulla Legge regionale 16 del 2015 sull’Economia circolare, perché avere assunto l’obiettivo – presente nel del Patto lavoro e clima, di una quota annua pro capite massima di rifiuti non riciclati fissata a 110 kg al 2030 – porta necessariamente a dover modificare nella Legge 16 la definizione dell’obiettivo da perseguire in termini di non riciclato (e non più di differenziato). Si tratta quindi di introdurre un criterio-obiettivo nuovo, ossia il non riciclato, che è diverso dall’obiettivo-guida della percentuale di rifiuto differenziato pro-capite o di riduzione del rifiuto non indifferenziato. Quando si dice non riciclato si considerano infatti non solo i rifiuti differenziati e non riciclati, ma anche i cascami dell’operazione di riciclo di rifiuti che non vengono recuperati completamente al riciclo. Anche in considerazione delle novità intercorse nella normativa europea in materia di economia circolare si dovrebbe operare una revisione della Legge 16 del 2015 (un provvedimento che vide la Regione Emilia-Romagna come prima Regione in Italia a legiferare in tema di economia circolare) includendo come criterio-obiettivo il non riciclato. Quest’ultimo è sicuramente uno strumento avanzato ed è una scelta positiva per la nostra Regione, perché in questo modo viene considerato anche il rifiuto non riciclato che risulta come scarto dai processi di riciclo del rifiuto differenziato.
Un altro tema da affrontare sono i flussi in ingresso e in uscita dalla Regione (l’import e l’export) sia di rifiuti solidi urbani sia di rifiuti speciali. Ho portato l’esempio del caso di San Marino che esporta rifiuti solidi urbani a Rimini. Col risultato paradossale che i cittadini di Rimini fanno il loro lavoro di raccolta differenziata, poi però si vedono arrivare da fuori rifiuti, che vengono smaltiti sul loro territorio. Sarebbe quindi interessante avere un’analisi precisa di quanto e cosa importiamo ed esportiamo.
Ho anche ricordato l’importanza del registro dei sottoprodotti. Questo è sicuramente uno strumento che ci può aiutare a superare le difficoltà che ci sono rispetto alla gestione dei rifiuti speciali. La Regione Emilia-Romagna fu la prima ad adottare questo strumento. Il registro dei sottoprodotti va incrementato di pari passo con l’evoluzione della legislazione “end of waste” a livello nazionale. E’ uno strumento strategico per favorire l’incontro tra domanda e offerta di materiale da riciclo e per stimolare il reimpiego dei sottoprodotti nei cicli produttivi, in modo da affrontare concretamente il tema del deficit di autosufficienza della regione rispetto alla gestione di rifiuti speciali.
Non meno importante è affrontare la questione della qualità del rifiuto differenziato, un aspetto che si lega al tema dei sistemi di raccolta. Un ambito, quest’ultimo, in cui si scontra con gli interessi delle multiutility che tendono ad adottare i sistemi di raccolta per loro meno dispendiosi ma che spesso sono quelli anche meno efficienti dal punto di vista della qualità del differenziato. Il sistema porta a porta con tante filiere merceologiche distinte dimostra di essere quello più efficace, ma non tutte le multiutility accettano questo sistema da loro considerato costoso. Bisognerebbe invece adottare con coerenza l’ottica dell’economia circolare anche in funzione del rilancio dell’occupazione, che sicuramente ha più chance con il metodo porta-porta.
L’assessora Priolo, rispondendomi, ha osservato che in realtà sono i Comuni che mettono a bando il metodo di raccolta dei rifiuti, per cui le multiutility si mettono al servizio delle loro richieste. Ma sappiamo bene quale sia il potere contrattuale, soprattutto dei piccoli Comuni, rispetto a giganti come Hera e Iren quotati in Borsa e orientati dalla legge del massimo profitto, che per i Comuni-soci si traduce in massimo dividendo possibile.
Ho anche toccato il tema del riciclo. Ci sono nuove frazioni merceologiche che vedono aumentare il loro peso nella montagna complessiva dei rifiuti che si producono: mi sono riferita in particolare agli assorbenti per l’igiene (pannoloni e pannolini). Bisogna fare degli sforzi anche dal punto di vista dell’impiantistica per il trattamento di questi prodotti al fine di poterli recuperare, riciclare e rimetterli in circolazione, naturalmente in condizioni igieniche sostenibili e adeguate. Uno dei pilastri sia della legislatura europea sia di quella regionale è la riduzione a monte della produzione dei rifiuti, a partire dal packaging. Bisogna quindi tener conto anche delle nuove categorie di rifiuti che si affacciano sul mercato per entrare massicciamente nel sistema di gestione. Occorre trovare soluzioni riutilizzabili e alternative all’usa-e-getta. E percorsi di recupero e riciclo.
Ho citato anche la questione degli inceneritori auspicando che si riesca a trovare la strada per poterne chiudere almeno uno a livello regionale. Un documento di ISPRA sostiene che un inceneritore, sia pure nella formula di termovalorizzatore, quindi di recupero e produzione di energia, ha alti emissioni di CO2. Il tema dell’incenerimento, sia pure con recupero energetico, va quindi tenuto in considerazione per rispettare gli obiettivi che la Regione Emilia-Romagna si è data di riduzione dei gas climalteranti.
Ritengo infine che andrebbe fatta una riflessione sulla governance di ATERSIR, e a quanto riesce ad esprimersi e a dar voce davvero alle amministrazioni locali sulla gestione dei rifiuti rispetto al mondo delle multiutility. È importante che gli obiettivi dei comuni del nostro territorio siano coerenti con le strategie che si dà la Regione, e che non vengano sminuiti dagli obiettivi delle multiutility che sono orientati per statuto al profitto.
A questo link il video del mio intervento: https://www.facebook.com/watch/?v=449183126153356