Al momento stai visualizzando COP26. L’ACCORDO SULLA DEFORESTAZIONE È IPOCRITA
L’accordo trovato alla #COP26 per fermare la #deforestazione entro il 2030, riportato da tutti i quotidiani nazionali e internazionali come grande traguardo, è “l’elogio dell’ipocrisia e rappresenta tutto ciò che la Conferenza sul clima non dovrebbe essere”.
A sostenerlo è la co-portavoce nazionale di Europa Verde – Verdi e parlamentare europea green Eleonora Evi, che spiega come questo accordo non fermerebbe subito la deforestazione nei Paesi che ne sono più colpiti perché dispongono dei maggiori polmoni verdi, ovvero Brasile, Indonesia e Repubblica Democratica del Congo. Qui, stando al rapporto annuale condotto dal Global Forest Watch, nel 2018 si sono persi 12 milioni di ettari di foreste. Nella foresta amazzonica l’abbattimento di alberi è a uno stadio così avanzato che, secondo Nancy Harris, ricercatrice del World Resources Institute, il caldo, gli incendi, la devastazione di ampie fette di verde hanno frenato l’assorbimento di carbonio e dimezzato l’emissione di ossigeno.
La deforestazione va fermata da subito, e non entro il 2030. L’unica strada per farlo, sottolinea Evi, è che la UE acceleri l’introduzione del divieto di importazioni di prodotti all’origine della deforestazione, come soia, carne e biocarburanti. Né ci si può mettere a posto la coscienza, come ha fatto il G20, annunciando al mondo che verranno impiantati entro il 2030 mille miliardi di alberi. Oltre ad essere una quantità irrealistica perché vorrebbe dire piantare una media di 343 milioni di alberi al giorno per i prossimi 8 anni, questa cifra contrabbanda un’operazione di facciata che non ha nessuna valenza se non quella di creare un alibi alla distruzione della biodiversità sul Pianeta.
Mentre dalla Cop26 arrivano queste notizie su decisioni purtroppo non sufficienti a tutelare davvero le maggiori foreste del pianeta, ne arrivano di sempre più sconfortanti dal ministro della “finzione ecologica” Roberto Cingolani, che attende la decisione della Commissione europea se classificare o meno il nucleare come energia verde. A riprova che il governo è pronto a investire su una tecnologia pericolosa e costosissima, già bocciata da due referendum popolari. Oggi le uniche due nuove centrali nucleari in costruzione in Europa – in Francia e in Finlandia – si trovano impantanate in un cantiere che non ha fine e in un mare di debiti – nel caso di quella francese – che ha portato alla bancarotta la società costruttrice.
Ad aggravare ulteriormente il panorama energetico italiano la previsione, da oggi al 2026, che s’installerà una potenza rinnovabile di soli 4,2 GW, mentre al 2030 dovremmo averne installati 70. Ciliegina avvelenata sulla torta: i 150 milioni di euro di finanziamento a ENI per costruire il deposito di stoccaggio di CO2 più grande del mondo al largo di Ravenna nei giacimenti esauriti di metano. Un impianto che ha l’unico scopo di consentire al colosso energetico, in parte di proprietà pubblica, di continuare a estrarre gas naturale per produrre il cosiddetto idrogeno blu, un’autentica insensatezza energetica che genera la CO2 che dovremmo eliminare, come abbiamo più volte sottolineato su questa pagina.

Silvia Zamboni

Giornalista – Ambiente e Sostenibilità, Energia e Cambiamenti Climatici, Economia Circolare, Green Economy, Sharing e Digital Economy, Mobilità Sostenibile, Turismo Sostenibile, Agricoltura e Manifattura Biologica, Politiche Ambientali Europee.