Con il Covid, purtroppo, faremo i conti ancora a lungo. Non parlo solo delle forme acute della malattia, fortunatamente limitate dai vaccini, ma del lascito avvelenato della pandemia e del lockdown: l’impatto che ha avuto sul nostro stato emotivo, peggiorandolo duramente.
In Assemblea legislativa Regione Emilia-Romagna sono già intervenuta per chiedere alla giunta di contrastare il disagio psicologico provocato sugli adolescenti. Il problema però riguarda comprensibilmente anche gli adulti. L’ultima conferma arriva da una ricerca di Nomisma sulla popolazione dell’Emilia-Romagna . La ricerca ha evidenziato un generale peggioramento dello stato emotivo generale: da quando è iniziata la pandemia, il 29% degli intervistati si è sentito teso, nervoso o irritabile, mentre il 46% ha dichiarato di non seguire un’alimentazione equilibrata e sana. Il 6% ha iniziato a fare uso di sonniferi, farmaci ansiolitici e antidepressivi.
Tra gli emiliano-romagnoli la paura più forte è quella di essere contagiati, un timore che scatena ansia e tensioni nel 49% degli intervistati. Subito dopo viene il malessere legato all’impossibilità di incontrare i familiari e gli amici (42%), più o meno al pari della paura che non sarà più possibile tornare a una vita normale (41%). Solo il 6% degli intervistati ha dichiarato di non provare ansia.
Lo studio di Nomisma rileva anche un dato estremamente preoccupante: la pandemia ha accentuato le disuguaglianze tra le persone, colpendo più duramente sul piano psicologico chi presentava già fragilità pre-esistenti. Un dato che allarma ancora di più se associato alla paura dello stigma sociale sul disagio psichico. Non è un caso quindi che l’istituto abbia rilevato una quota consistente di popolazione, soprattutto nella fascia più anziana, che “pur presentando oggettivi livelli di disagio, dichiara di non sentire la necessità di un supporto psichico o psicologico”.
Solo il 25% di chi è in una condizione di disagio intende intraprendere un percorso di cura.
In Emilia-Romagna, gli utenti dei centri di salute mentale hanno visto nell’ultimo decennio una crescita costante, superando quota 82.000 nel 2019, a cui ha fatto seguito nel 2020, a causa della pandemia, una brusca frenata, con un calo di oltre il 10% dei pazienti (73.427). Ovviamente non perché il disagio fosse diminuito, come attestano i dati precedenti, ma perché le persone in sofferenza hanno rinunciato a recarsi nei luoghi di cura per paura del contagio da Covid.
E’ chiaro che siamo di fronte ad una sorta di bomba ad orologeria, in parte già esplosa, di disagio mentale e sociale. E’ quindi più che mai urgente che le istituzioni mettano in campo tutte le misure per intercettare questo disagio, indirizzarlo verso la cura ed evitare che si cronicizzi.
Sul tema intendo intervenire nuovamente in Assemblea Legislativa per sollecitare la giunta regionale a mettere in campo contromisure adeguate. Una società malata nell’anima non è meno sofferente di una in balia di una malattia pandemica.