Pubblico di seguito il link al numero speciale post elezioni europee della newsletter di Edizioni Ambiente Punto sostenibile, che contiene l’editoriale di Marco Moro (direttore editoriale di EA) e tre interviste-commento di Paola Fraschini a Edo Ronchi, Mario Pianta e alla sottoscritta (Silvia Zamboni)
http://www.puntosostenibile.it/art/403/Postelezioni
Un voto cifrato di Marco Moro
Profondamente scossa nelle sue stesse fondamenta e nei contenuti ideali, l’Unione europea sta conoscendo la più grave crisi di legittimità della sua storia. Lo confermano i risultati elettorali di domenica 25 maggio per il rinnovo del Parlamento europeo che hanno visto il trionfo di Marine Le Pen in Francia, quello del partito euroscettico Ukip nel Regno Unito, addirittura l’ingresso di un eurodeputato neonazista in Germania. Anche il successo del partito di Tsipras in Grecia, sulla sponda politica opposta, lancia un messaggio chiaro contro le politiche di austerità che hanno stremato il paese.
Quindi, se guardando al contesto italiano si potrebbe trarre dai risultati delle elezioni un’immagine rassicurante di maggiore stabilità, non appena si allarga lo sguardo alle altre nazioni europee (come si dovrebbe, visto che le elezioni erano europee) le contraddizioni appaiono molto evidenti.
In Grecia, alla sinistra di Tsipras risponde il nazionalismo di Alba Dorata, segnale di una polarizzazione estrema dell’elettorato su posizioni radicalmente contrapposte.
In Ungheria l’estrema destra è il secondo partito (ma due liste che fanno riferimento ai Verdi Europei guadagnano quasi il 13%, uno dei migliori risultati in Europa).
In Spagna, Podemos, il movimento degli indignati organizzatosi in partito da pochi mesi raccoglie l’8% delle preferenze, in uno scenario che include anche forti spinte indipendentiste, come in Catalogna.
L’elenco potrebbe continuare, restituendo un quadro che, sistematicamente, non si presta a una facile decifrazione.
Affluenze nettamente sotto il 50% (in un caso, quello della Slovacchia, addirittura sotto al 20%) sono un dato ricorrente e un altro netto segnale, come minimo, di disaffezione per l’Europa di oggi.
In un contesto così frastagliato come interpretare le indicazioni di cambiamento espresse dal voto?
La frammentazione degli schieramenti (pensiamo solo a come il voto “ambientalista” sia distribuito tra i partiti aderenti ai Verdi Europei e le formazioni di simile orientamento che hanno appoggiato invece la lista Tsipras) non fa che rendere meno leggibile la mappa.
Stiamo andando verso una semplice correzione di rotta nelle politiche europee, verso una svolta più decisa, oppure quelli che abbiamo visto sono i sintomi di un inarrestabile declino dell’Unione?
Il libro curato da Silvia Zamboni, Un’altra Europa, acquista una attualità ancora maggiore a seguito di questo esito elettorale.
Ad alcuni degli autorevoli contributors del volume abbiamo quindi chiesto di darci, in questo numero speciale della nostra newsletter, una prima interpretazione di quanto è accaduto, proiettando il risultato del voto sugli obiettivi che nel libro vengono individuati come le fondamenta su cui impostare una possibile (ri)costruzione europea.
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Post-elezioni Intervista di Paola Fraschini a Silvia Zamboni
Riforme e cambiamenti Intervista di Paola Fraschini a Edo Ronchi
Cambio di rotta Intervista di Paola Fraschini a Mario Pianta
Post-elezioni
Intervista a Silvia Zamboni
di Paola Fraschini
In questo articolo parliamo di:
Un’altra Europa
Sostenibile, democratica, paritaria, solidale
a cura di Silvia Zamboni
Come exit strategy per uscire dalla crisi economica e dalla disoccupazione giovanile ci vuole un’Europa paladina dell’ambiente, della lotta ai cambiamenti climatici, che riduce le spese militari e incrementa la spesa sociale, democratica, attenta alle politiche di genere ecc., l’elenco potrebbe continuare. In questo orizzonte di un’Europa diversa c’è da augurarsi che anche la Presidenza italiana del Consiglio europeo nel secondo semestre 2014 dia prova di quell’energia riformatrice di cui il governo fa sfoggio in Italia. Idee a tal proposito non mancano, come dimostrano le analisi, le riflessioni e le proposte dei contributors raccolti da Silvia Zamboni nel suo bel libro.
Che lettura dà del voto in Italia rispetto alle tematiche europee?
La campagna elettorale che ha preceduto il voto è stata, purtroppo, un’occasione mancata per affrontare in modo approfondito le tematiche che riguardano il rilancio dell’Unione europea in chiave di ripresa economica, lotta alla disoccupazione soprattutto giovanile, politiche energetiche, legittimazione democratica delle istituzioni europee. Abbiamo sentito rimbalzare slogan vuoti tipo “battere i pugni sul tavolo a Bruxelles”, slogan spericolati come “uscire dall’euro” (senza chiarire che, aldilà della sua fattibilità o meno, comporterebbe, come minimo, un aumento dell’inflazione, costi più elevati per i mutui-casa e aggravi per la bolletta energetica, visto che i fossili che importiamo li paghiamo in dollari e che il cambio favorevole dollaro-euro ci ha aiutati in questi anni a compensare l’aumento del costo del greggio), infine slogan privi di senso, come “non paghiamo i debiti alle banche legati al debito pubblico”, trascurando il fatto, tutt’altro che secondario, che il debito pubblico è spalmato anche sui risparmi che gli italiani hanno investito in bot e btp. Preceduto da questo quasi-vuoto di contenuti, il risultato delle elezioni europee ci restituisce un elettorato che si conferma il più elevato in Europa (nonostante la pur ampia astensione) e in maggioranza, come da tradizione, filo-europeo, se mettiamo insieme, pur con le dovute differenze, i voti di PD, Lista Tzipras, Forza Italia e Ncd. Il voto antieuropeo dato al Movimento 5 stelle, alla Lega Nord e a Fratelli d’Italia (che mancano l’ingresso al Parlamento europeo) resta minoritario. Un quadro che collima con i risultati relativi alla fiducia nell’Europa e nell’euro del sondaggio Eurobarometro di febbraio 2014, di cui ho ripreso i dati più significativi nell’introduzione a Un’altra Europa.
E rispetto alla politica interna?
Il ciclone Renzi ha contribuito in maniera determinante e personale a contenere il temuto astensionismo e a portare il partito democratico oltre il 40%, un risultato che nessun partito di sinistra e/o di centrosinistra aveva mai raggiunto nella storia del nostro paese. Sgonfiata la “bolla del grillismo” per il disfattismo e lo sfascismo che ne hanno caratterizzato la campagna elettorale e per il “congelamento politico” dei voti raccolti un anno fa, Renzi ha saputo incarnare la richiesta di cambiamento che viene dal paese, seppellendo per sempre il miope messaggio bersaniano “dell’usato sicuro”. Rassicurato dall’atteggiamento non ideologico di Renzi e invogliato dalla sua energia “rottamatrice”, l’elettorato italiano neo-renziano proveniente dal centro destra e dal centro ha deciso di “provare” Renzi, così come provò Berlusconi all’alba della seconda repubblica. E il PD, per una volta, non ha giocato contro se stesso il gioco delle correnti, riuscendo in questo modo a cogliere l’attimo della vocazione maggioritaria. Ora Renzi, va da sè, è più forte sia come leader nazionale sia nel consesso europeo. Vedremo se saprà utilizzare questa forza per rimettere in carreggiata la Ue su posizioni non di pura austerity contabile.
In Europa preoccupa l’affermazione di forze euroscettiche e/o di estrema destra. Quali obiettivi devono darsi secondo Lei la prossima Commissione europea e il nuovo europarlamento?
La vittoria di Marie Le Pen con la contemporanea frana dei socialisti francesi è un dato preoccupante per l’Europa non solo per la Francia, al pari del successo dell’Ukip nel Regno Unito, e di Alba Dorata in Grecia, per citare solo un paio di risultati nazionali. Nel complesso, però, lo schieramento europeista è rimasto maggioritario a Strasburgo, anche se ridimensionato rispetto al parlamento precedente. La mancata vittoria del fronte socialdemocratico esclude una guida di sinistra della Commissione: con la vittoria del PPE, privo però di una propria maggioranza autonoma, si apre la strada obbligata verso la grande coalizione tra popolari e socialdemocratici, una soluzione che non garantisce i cambiamenti di cui ci sarebbe bisogno per superare le politiche di austerity che anche il PD in Italia ha detto di voler rivedere, pur senza venir meno ai propri impegni. Fu lo stesso presidente Napolitano, nel discorso tenuto davanti all’assemblea di Strasburgo nel marzo scorso, ad affermare che le politiche di austerità erano state necessarie per sistemare i conti, ma che ci voleva un cambio di strategia per superare la crisi. In questa prospettiva gli obiettivi da non mancare sono il rilancio dell’economia in chiave di un green new deal che associ ricerca e investimenti per la modernizzazione tecnologica del settore industriale, del sistema dei trasporti e del sistema energetico in chiave di sostenibilità ambientale, per esempio per lo sviluppo delle reti smart in grado di accumulare l’elettricità prodotta dalle fonti rinnovabili e di restituirla on demand. Il green new deal europeo andrebbe finanziato con eurobond, quale forma sostenibile di ripartizione del debito pubblico, attirando anche capitali privati. Dopo l’inconcludenza dell’ultimo quinquennio della Commissione Barroso, occorre poi riprendere con determinazione l’obiettivo della transizione energetica verso un’economia e un sistema energetico low carbon, che assicuri all’industria europea competitività sui mercati internazionali nei confronti di USA e Cina che stanno investendo in modo massiccio nel settore energetico green. La crisi russo-ucraina, che tocca i gasdotti che riforniscono l’Europa, insieme all’instabilità nel medio oriente e in Libia dovrebbero essere dei campanelli d’allarme sufficienti per spingere l’Europa a ridurre gradualmente ma con determinazione la dipendenza dall’import di energia primaria. Al sistema economico europeo andrebbe poi assicurato un maggiore flusso di liquidità con misure decise dalla BCE, e agli Stati della Ue in difficoltà una revisione del fiscal compact per allentare la recessione.
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Edo Ronchi, Ministro dell’Ambiente dal 1996 al 2000 e Presidente della Fondazione Sviluppo Sostenibile dal 2008, risponde alle nostre domande sugli esiti delle elezioni europee. Perchè per risolvere i problemi che traspaiono dai dati elettorali, oltre che dallo stato di crisi economica e ideale della Ue, servono idee, obiettivi e prospettive nuove.
Che lettura dà del voto in Italia rispetto alle tematiche europee?
Questo voto anche in Italia è stato connotato da un atteggiamento critico verso le attuali politiche europee non solo degli euroscettici dichiarati, ma dello stesso PD: Renzi ha più volte dichiarato che sarebbe andato in Europa per chiedere riforme e cambiamenti. Quanto ai contenuti i “No euro” sono risultati in minoranza, ma non è stato chiarito quali sono le riforme che chiederanno i “Sì euro”, salvo generiche affermazioni di critica all’austerity e a favore di politiche di sviluppo.
E rispetto alla politica interna?
Il grande successo elettorale del PD rafforza il Premier Renzi e il suo governo: nessuno potrà più dire che non sono legittimati da un voto popolare. Penso anche che questo voto rafforzerà l’impegno riformatore del governo e, indebolendo i suoi avversari, dovrebbe anche agevolare il percorso delle riforme: fatta la riforma elettorale, non si vede chi potrebbe avere interesse a provocare elezioni politiche a breve, bloccando il processo riformatore. Mi pare inoltre che questo voto determini una situazione di grande difficoltà per il Movimento 5 stelle: la sua attuale identità e strategia si regge solo se avanza continuamente fino a conquistare la maggioranza (almeno relativa, del principale soggetto elettorale, in grado di esercitare un’azione di interdizione). Il fatto di essere stati quasi doppiati dal PD rende quella strategia visibilmente velleitaria e apre una crisi di identità e di prospettiva in quel movimento: se non cambia strategia, il voto a quel movimento può diventare ininfluente e, come voto di protesta, di diventare simile all’astensione. Questo voto inoltre apre una nuova configurazione del centrodestra: Forza Italia e il suo leader non sono più abbastanza forti (o sono troppo indeboliti) per aggregare tutto il centrodestra; la Lega e Fratelli d’Italia sono partiti verso l’estrema destra, mentre NCD e UDC si sono ancorati in una posizione filogovernativa di centro: queste traiettorie sembrano strategicamente incompatibili.
In Europa preoccupa l’affermazione di forze euroscettiche e/o di estrema destra. Quali obiettivi devono darsi secondo Lei la prossima Commissione europea e il nuovo europarlamento?
Poteva andare peggio: alla fine le forze europeiste e democratiche hanno mantenuto un’ampia maggioranza nel Parlamento europeo, anche se è meno forte di quella che c’era nel Parlamento uscente. A me preoccupa che la dispersione del voto, l’affermazione di posizioni populiste e di estrema destra, abbiano di fatto impedito la formazione di una nuova maggioranza riformatrice in grado di incidere e cambiare le politiche europee sostenute dal blocco conservatore che ha fatto perno sul PPE, che ha perso voti e seggi, ma resta il partito più forte anche in questo Parlamento. L’obiettivo centrale, a mio parere, per ridare credibilità all’Europa è un nuovo progetto di sviluppo che vedo possibile sono nella direzione di una green economy e che richiede: garanzie europee più forti sui debiti nazionali per tenere bassi i tassi d’interesse e i costi dei debiti, maggiore liquidità assicurata in permanenze dalla BCE, revisione del fiscal compact durante le fasi di recessione, possibilità di eurobond, fuori dai debiti nazionali, per finanziare almeno investimenti strategici.
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Abbiamo chiesto a Mario Pianta, professore di Politica economica all’Università di Urbino e autore del contributo al volume Un’altra Europa “I movimenti di protesta contro le politiche di austerità in Europa”, un commento ” a caldo” sui risultati elettorali.
Che lettura dà del voto in Italia rispetto alle tematiche europee?
Al di là della frammentazione degli esiti nazionali, c’è una sconfitta – anche se nel complesso limitata – delle politiche centriste, moderate e di “grande coalizione” che hanno imposto in questi anni l’austerità e la stagnazione in Europa. Nella periferia più colpita dalla crisi la protesta prende la via di un progressivo rafforzamento di sinistra e verdi (con la particolarità di Grillo in Italia). Nel “centro” dell’Europa più ricca domina invece l’antieuropeismo nazionalista e reazionario, che stravince in Francia e Uk e ora spunta anche in Germania: è la paura di essere travolti dalla crisi europea che sposta in quella direzione classi medie e popolari.
E rispetto alla politica interna?
In Italia il dato di fondo è il16% in meno di votanti (soprattutto al sud); i comportamenti elettorali sono diventati più mobili e “impazienti”.
Il centro destra ha più percentuale di voti (diviso) oggi che l’anno scorso (unito): il passaggio di consensi dalla destra a Renzi è limitato.
Il Pd prende tutti i voti di Monti (11%): c’è un ricompattamento dell’élite, soprattutto al Nord. Il Pd perde meno degli altri per l’astensione e ottiene voti da altre aree (3 milioni di voti in più rispetto all’anno scorso). E’ il consolidamento di una nuova Dc, centrista ma nuovista sia nei volti che nella retorica, con un forte controllo dei media (grazie all’alleanza con Berlusconi sulle riforme), ma con l’intelligenza di redistribuire almeno 80 euro.
Grillo perde soprattutto per l’astensione: c’è un limite anche all’anti-politica, non avere risultati politici concreti avendo il 25% dei voti si paga.
Tsipras ce la fa per un pelo, un segnale importante, anche se una parte degli elettori potenziali non ha votato; lo spazio politico a sinistra è destinato a crescere.
In Europa preoccupa l’affermazione di forze euroscettiche e/o di estrema destra. Quali obiettivi devono darsi secondo Lei la prossima Commissione europea e il nuovo europarlamento?
C’è un’impasse. La grande coalizione in Europa è stata battuta, ma continuerà a governare nel Parlamento europeo. Chi chiede un cambio di rotta lo fa in nome di un’Europa democratica (a sinistra) o in nome del nazionalismo (a destra). Soltanto rompendo con l’austerità e con le politiche neoliberiste l’Europa può trovare una via d’uscita ed evitare una gravissima involuzione politica e sociale.
numero 05/2014 copyright © Edizioni Ambiente