Fanno impressione le immagini del Po in secca. Mai visti scenari del genere a marzo: sembrano quelle di territori aridi e geograficamente lontani. Invece sono a poca distanza da noi.
Nel giorno in cui sono tornati in piazza i Fridays for Future dovrebbe risuonare ancora più forte l’allarme sui cambiamenti climatici, che con tutta evidenza come conferma lo stato del Po, sono già in corso, dietro la porta di casa nostra.
Solo pochi mesi fa commentavamo i dati sull’Emilia-Romagna diventata più arida di Israele. E oggi vediamo distese di sabbia affiorare lungo gli argini del grande fiume. ln questi giorni il livello idrometrico del Po è addirittura più basso che in piena estate, ad agosto. Il motivo? Non piove, e questo è l’effetto.
Qualche dato: al Ponte della Becca, nel territorio di Pavia, il livello idrometrico è diminuito di 3,3 metri, nel ferrarese segna meno 6,2 metri ed è ai minimi storici da 30 anni in qua. Una situazione simile si ritrova in tutto il bacino idrografico del nord con corsi d’acqua in magra, dal Piemonte al Veneto, dal Trentino Alto Adige al Friuli Venezia Giulia, dall’Emilia Romagna alla Toscana.
Questa situazione impone di modificare completamente le nostre abitudini e il nostro modo di vivere. A cominciare dalla messa in atto immediata di tutte quelle azioni radicali di contrasto ai cambiamenti climatici per superare l’uso dei fossili: è incredibile, ad esempio, per restare entro i confini dell’Emilia-Romagna, che ci si opponga ancora all’impianto eolico off shore a 10 chilometri dalla costa riminese, invocando al contempo di intensificare l’estrazione di gas metano al largo di Ravenna, con le note conseguenze di aggravare i fenomeni della subsidenza e dell’ingressione salina nel Delta del Po, che oggi ha raggiunto i dieci – dicasi dieci – chilometri verso l’interno. Con il Po in secca sarà maggiore la risalita del cuneo salino, con impatto sulla flora e sulla fauna.
Inoltre vanno implementate politiche di adattamento ai cambiamenti climatici anche in agricoltura: andranno ripensate le specie colturali, scegliendo quelle meno idroesigenti e adottando tecniche di irrigazioni antispreco. Bisogna dotarsi di impiantistica – no mega dighe – in grado di immagazzinare le cosiddette bombe d’acqua che ormai caratterizzano la tropicalizzazione delle precipitazioni, sempre più diradate e sempre più concentrate. E occorre tenere conto dell’impatto dei cambiamenti climatici sul turismo invernale e su quello estivo nelle città sempre più roventi.
In più occasioni ho portato questi temi all’attenzione dell’Assemblea Legislativa dell’Emilia-Romagna, anche con contributi scientifici di carattere istituzionali, come nel convegno del luglio 2021 “Il clima sta cambiando. Il ruolo delle politiche di adattamento ai cambiamenti climatici”.
Basta parole: sappiamo quello che c’è da fare. Bisogna prendere consapevolezza della gravità della situazione e agire per il bene di noi tutti e di chi ci sarà dopo di noi!