Questo articolo è stato pubblicato sul mio blog sul Fatto Quotidiano
Bologna città 30, con l’introduzione del limite di velocità a 30 km/h in gran parte della città, è entrata da giorni nel dibattito politico nazionale, con l’intervento a gamba tesa del ministro Matteo Salvini contrario al provvedimento, scontri a livello locale tra favorevoli e contrari e l’ombra incombente di un referendum cittadino ormai alle porte, cavalcato dal centrodestra.
In città il tema resta caldo, con una prevalenza di critiche rispetto alla condivisione. Del resto, è un classico: ad ogni innovazione partono le bordate dei contrari, con qualche coraggiosa voce isolata a difendere la novità. È successo con la prima pedonalizzazione della centralissima via D’Azeglio, la mini “via Montenapoleone” bolognese. Poi con Sirio, il sistema elettronico di sorveglianza degli accessi alla Ztl. Poi con la pedonalizzazione del cuore del centro storico di sabato e domenica (T-days). Ma se oggi qualcuno si azzardasse a proporre di tornare indietro, bene che vada verrebbe sommerso dai fischi. Succederà anche con Bologna 30?
Da anni mi occupo di sicurezza stradale, e da anni so che ridurre la velocità significa aumentare la sicurezza e diminuire le vittime gravi degli incidenti, soprattutto tra pedoni e ciclisti. Perché in città, e non solo su strade extraurbane e autostrade, si muore sulla strada: dal 2010 al 2019 a Bologna sono morte 194 persone e oltre 26.000 sono rimaste ferite. Proprio sul fronte incidenti Bologna 30 sta funzionando egregiamente. Lo confermano i primi dati pubblicati dal Comune di Bologna: nelle prime due settimane di città 30 gli incidenti sono diminuiti del 21% ed è diminuito anche l’indice di gravità (zero incidenti mortali, -18,2% di incidenti con feriti).
Abbassare i limiti di velocità aiuta anche a contenere le emissioni inquinanti: meno si spinge sull’acceleratore, meno carburante si consuma (ovviamente parlo di veicoli non elettrici). Il centro di ricerca Future Transport Research ha analizzato l’impatto dei limiti di velocità e dello stile di guida in condizioni di traffico urbano sulle emissioni di CO2 (che impattano sul global warming) e di NOx (gli ossidi di azoto, dannosi per le vie respiratorie), ed ha concluso che la riduzione del limite di velocità porta a una notevole diminuzione delle emissioni: fino al 37,8% per la CO2 e fino al 78,8% per gli ossidi di azoto (NOx).
Andare a 30 all’ora significa anche diminuire il numero di frenate e accelerazioni, con un conseguente minor consumo di freni e gomme e riduzione del rilascio di polveri inquinanti da queste componenti. A 30 diminuisce anche il rumore, grazie al minor impatto del rotolamento degli pneumatici sull’asfalto.
Ovviamente per combattere l’inquinamento e per garantire una mobilità efficace ed efficiente ed affidabile nei tempi di percorrenza la riduzione dei limiti di velocità, da sola, non basta. Bisogna aumentare gli spostamenti delle merci su rotaia, potenziare il trasporto pubblico su ferro e gomma accelerandone l’elettrificazione. La decarbonizzazione (anche del trasporto privato) è uno strumento cruciale nella lotta al riscaldamento globale e all’inquinamento atmosferico.
E veniamo alle polemiche di questi giorni. Bologna non è la prima città che ha abbassato il limite di velocità massima a 30 km\h. In Europa l’hanno già fatto, da anni, ad esempio, Londra, Parigi, Graz, Bruxelles, Bilbao (con l’87% delle strade della città, a 30, contro il 70% di Bologna), col risultato di migliorare la qualità della vita e la sicurezza dei cittadini. Mentre in Italia viaggiano a 30 Treviso e Olbia (fin dal 2012). Roma e Milano stanno già allargando la rete di zone 30.
Con Monica Frassoni, già capogruppo dei Verdi europei all’Europarlamento e attuale Presidente del Consiglio Comunale di Ixelles, una delle 19 municipalità di Regione Bruxelles-Capitale, abbiamo discusso (qui la registrazione della diretta facebook) dei risultati di Bruxelles 30, progetto partito il primo gennaio 2021 che quest’anno ha quindi compiuto ben tre anni. In sintesi: meno velocità, più sicurezza, meno rumore e inquinamento. Ma va specificato che il limite di velocità è stata solo una misura di un piano più ampio che ha visto investimenti importanti per migliorare la sicurezza stradale e un forte potenziamento del trasporto pubblico. L’uso dell’auto è in calo: a Bruxelles la leadership è del trasporto pubblico, con una crescita dell’uso delle bici del 39% tra il 2021 e il 2022.
Ai contrari a città 30 potrà sembrare strano, ma Frassoni ci ha anche ricordato che in Olanda quel limite vige sul 70% delle strade e che questi provvedimenti non vengono vissuti come punitivi. Tutt’altro, servono a migliorare la mobilità e la qualità della vita.
Tornando a Bologna, anche qui occorrerebbero investimenti sul trasporto pubblico. Per fortuna, sono partiti i cantieri del tram, un mezzo ad alta capacità di trasporto, silenzioso e a zero emissioni. Da utente quotidiana del trasporto pubblico, avendo rinunciato all’auto, in queste prime settimane non ho rilevato un peggioramento del servizio.
In questa vicenda, come ho anticipato, è entrato a gamba tesa anche il governo, con ministri e viceministri che usano la loro carica istituzionale per fare opposizione al Comune di Bologna. Le elezioni europee sono vicine e cavalcare le proteste evidentemente può far gola per racimolare qualche pugno di voti. Matteo Salvini è quello che più si è esposto, dimenticando che il provvedimento segue e rispetta indicazioni ministeriali. Le sue critiche a Bologna 30 non ci sorprendono e in un certo senso, se mai ce ne fosse bisogno, ci rassicurano. Cosa puoi aspettarti da uno che vuole investire miliardi sul Ponte sullo Stretto di Messina?