Gli Stati Uniti d’America mettono al bando i PFAS. L’Agenzia per la protezione ambientale americana ha infatti fissato limite zero per la presenza nelle acque potabili del gruppo di sei molecole note come Pfas (sostanze poli- e perfluoroalchiliche). I Pfas, conosciute anche col nome di “forever chemicals” ovvero inquinanti eterni per via della loro lunga persistenza nell’ambiente, sono largamente utilizzate in industria. Li troviamo anche nelle padelle antiaderenti nelle nostre cucine.
Pensate che per degradarsi nell’ambiente possono impiegare fino a 1.000 anni, mentre alcuni di questi composti non si degradano affatto.
Alcuni studi hanno correlato l’esposizione ai PFAS a una serie di problemi di salute, come disturbi del sistema immunitario, insorgenza di tumori, problemi di sviluppo e rischio di malattie croniche.
Per questo gli Stati Uniti vogliono correre ai ripari fissando un limite pari allo zero di presenza di queste sostanze nelle acque potabili, e stabilendo limiti molto bassi, oltre che per Pfos e Pfoa, Pfhxs, Pfna e Hfpo-da, e imponendo un limite anche per le miscele di più composti chimici di questa famiglia.
Washington dunque fa sul serio per quanto riguarda la lotta agli inquinanti eterni, e mette sul tavolo anche un piano di investimenti di nove miliardi di dollari con l’obiettivo di evitare l’esposizione a queste sostanze da parte di circa cento milioni di persone, al fine di evitare migliaia di decessi.
Europa e Italia che fanno?
Siamo molto indietro!
Il Ministero della Sanità italiano ha fissato come valore massimo nelle acque destinate al consumo umano cinquecento nanogrammi per litro per i Pfoa e trecento per i Pfos. Quindi no limite zero.
Se è vero che nel tempo sono stati intensificati gli interventi per regolamentare e limitare l’uso dei PFAS e che diversi regolamenti europei hanno introdotto restrizioni all’impiego di alcuni di questi composti, è tuttora in corso l’uso di migliaia di varianti di queste sostanze non regolamentate.
Nel gennaio 2023 cinque paesi europei – Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Norvegia e Svezia – hanno presentato all’Agenzia europea delle sostanze chimiche (ECHA – European Chemicals Agency) una proposta di restrizione della produzione, immissione e uso di circa 10.000 PFAS, escluso per gli usi medici e di alta tecnologia. L’ECHA presenterà quindi un dossier alla Commissione europea per l’esame e la decisione finale.
Come capogruppo di Europa Verde nell’Assemblea legislativa Emilia-Romagna mi sono già occupata della contaminazione da Pfas.
Con un’ interrogazione, depositata lo scorso 21 marzo ho chiesto quali risultati abbia dato il monitoraggio promesso dall’assessora Priolo nel 2021, alla luce delle rivelazioni dell’inchiesta del quotidiano francese Le Monde che aveva localizzato alcuni siti contaminati e tantissimi siti potenzialmente contaminati anche nella nostra regione. Considerata la vicinanza dell’Emilia-Romagna alle tre regioni con alto grado di inquinamento da PFAS (Piemonte, Lombardia e Veneto) avevo inoltre chiesto alla giunta se non ritenesse necessario avviare un programma di sorveglianza sanitaria della popolazione ubicata nelle zone a rischio. Inoltre sempre in quella stessa interrogazione, avevo chiesto se la Regione abbia partecipato in qualche modo alla fase di consultazione pubblica indetta da ECHA e se fosse a conoscenza di osservazioni, indicazioni e/o richieste di esenzioni inoltrate ad ECHA da parte di aziende presenti sul territorio dell’Emilia-Romagna.
Ad oggi non è pervenuta ancora risposta, ma senza ombra di dubbio l’inquinamento da PFAS è una vera e propria emergenza nazionale e la strada tracciata dal piano denominato “Pfas Strategic Roadmap” dell’americana Epa, rappresenta sicuramente un modello da seguire quanto prima.
A questo link il testo dell’interrogazione con ulteriori approfondimenti sul tema