La Conferenza dell’Onu sul clima a Marrakech (2016) ha acceso i riflettori sul consistente contributo della produzione agroalimentare primaria(comprese pesca e zootecnia) alle emissioni di gas serra: 30% del totale a livello mondiale, con la produzione della carne che da sola pesa per il 14%.
A sua volta, a causa di eventi meteo estremi che causano siccità, e dei fenomeni di desertificazione che sottraggono suolo coltivabile, entrambi dovuti ai cambiamenti climatici ormai in atto, la produzione agroalimentare primaria ne è anche una delle principali vittime.
Per ridurre l’impatto ambientale del settore agroalimentare bisogna intervenire sia con la ricerca scientifica, sia sui processi produttivi, sia sulle scelte e le diete alimentari dei consumatori.
Ma in gioco c’è anche la salute di noi consumatori rispetto al cibo che consumiamo. Come può la salute dei campi contribuire a migliorare la salute del clima e la nostra?
L’agricoltura biologica, che mette al bando fertilizzanti di sintesi chimica e pesticidi, intende rispondere su tutti i livelli: salute del clima, salute del suolo, salute dei consumatori.
Su questi temi e sul boom del biologico, che da anni in Italia non conosce rallentamenti, sono intervenuta al convegno “Destinazione agricoltura” organizzato dalla Confederazione Italiana Agricoltori (CIA) del Trentino (Trento, 4 dicembre 2017).