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Oggi si è aperta a Baku, in Azerbaijan, la 29a #ConferenzaOnu sul #clima, che chiuderà i battenti il 22 novembre. Al centro dei negoziati la finanza climatica, ovvero il nuovo strumento per gli aiuti ai paesi vulnerabili: dal 2026 dovrà prendere il posto del fondo da 100 miliardi di dollari all’anno istituito con gli Accordi di Parigi nel 2015.
Sulle trattative a #Baku per fermare la corsa inarrestabile del riscaldamento globale all’origine del #cambiamentoclimatico pesa il macigno della posizione del neo eletto Presidente degli #Usa. #DonaldTrump ha infatti lasciato trapelare che uscirà dagli accordi di Parigi che siglarono la necessità di contenere l’aumento medio della temperatura terrestre entro un grado e mezzo. Oggi siamo già a 1,2 gradi di aumento, con un budget mondiale residuo disponibile di #emissioni di #anidridecarbonica di 300 miliardi di tonnellate per restare entro il grado e mezzo. Ai ritmi attuali ne emettiamo 50 miliardi di tonnellate, che si traducono in sei anni a disposizione.
Per rincarare la dose negazionista del #cambiamentoclimatico, #Trump ha anche annunciato che riprenderanno le trivellazioni. Non solo: in campagna elettorale ha promesso di far uscire gli Usa dalla Convenzione quadro delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici, l’#Unfccc, che organizza le Conferenze mondiali sul clima. Se tradurrà in fatti concreti la promessa, gli #StatiUniti non parteciperanno neppure ai negoziati per definire le politiche mondiali sul clima.
Fra le varie promesse elettorali Trump ha annunciato anche che abrogherà l’Inflation reduction act, che ha consentito a Biden investimenti complessivi pubblici e privati per circa 450 miliardi di dollari nel settore energetico statunitense. Una decisione, quella di Trump, che rischia di tradursi in un autogol, regalando il business del comparto delle nuove energie rinnovabili soprattutto alla #Cina.
La retromarcia di Trump sulle politiche per il clima aumenterà di alcuni miliardi di tonnellate le emissioni di #CO2 entro il 2030, per un quantitativo stimato pari a quelle di Giappone e Unione europea messe insieme.
Alla conferenza a Baku non parteciperà il presidente uscente #Biden. Hanno dato forfait anche alcuni importanti leader europei, dalla Presidente della Commissione Ue Ursula Von der Leyen a Emmanuel #Macron, Olaf #Scholz. Mancheranno anche #XiJinping, Narendra #Modi e Luiz Inacio #Lula.
Senza i leader dei paesi più emettitori del globo e con l’ombra incombente di Trump, la Conferenza delle Nazioni Unite, anziché salvare il Pianeta e raccogliere più fondi per la finanza climatica, rischia il totale fallimento. Tanto più che il paese ospitante vive di economia del #petrolio.
Un negoziato difficile, quindi, sul quale pesano anche le #guerre in corso. Mentre le proiezioni da brivido – condivise da tutti gli enti scientifici del mondo, a partire dall’#IPCC dell’#Onu – ci indicano che, senza correzioni, l’aumento della temperatura a fine secolo sarà tra 2,1 e 2,8 gradi rispetto alla media del periodo preindustriale 1850-1900, facendo saltare il punto di non ritorno di +1,5 °C che era stato fissato a Parigi.
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Silvia Zamboni

Giornalista – Ambiente e Sostenibilità, Energia e Cambiamenti Climatici, Economia Circolare, Green Economy, Sharing e Digital Economy, Mobilità Sostenibile, Turismo Sostenibile, Agricoltura e Manifattura Biologica, Politiche Ambientali Europee.