Oggi ho depositato un’interrogazione alla Giunta per avere informazioni sulla diffusione dei PFAS nell’ambiente in Emilia-Romagna e per sollecitare un monitoraggio sui rischi sanitari.
Ricordo che i PFAS (acronimo di “perfluoroalchil e polifluoroalchil sostanze”), sostanze al centro anche di recenti inchieste giornalistiche, sono composti chimici che, a partire dagli anni 40 del secolo scorso, per la loro resistenza al calore, all’olio, all’acqua e agli agenti chimici sono stati e sono tuttora ampiamente utilizzati in una vasta gamma di prodotti industriali e di uso comune come, ad esempio, rivestimenti impermeabili, repellenti per oli e grassi, schiume antincendio, prodotti per il trattamento delle superfici antiaderenti (comprese padelle e tegami di uso domestico).
La preoccupazione principale riguarda la persistenza di questi composti chimici e la capacità di bioaccumulo nel corpo umano e nell’ambiente. I PFAS sono infatti noti anche come “forever chemicals” (sostanze chimiche per sempre), in quanto possono impiegare fino a 1.000 anni per degradarsi nell’ambiente, con alcuni che non si degradano affatto. Alcuni studi hanno associato l’esposizione ai PFAS a una serie di gravi problemi di salute, tra cui problemi di sviluppo, disturbi del sistema immunitario, aumento del rischio di alcune malattie croniche e, in alcuni casi, insorgenza di tumori. Si stima che i costi sanitari annuali legati all’esposizione ai PFAS oscillino tra i 52 e gli 84 miliardi di euro per la sola Europa.
In risposta ai crescenti timori per i danni alla salute e per l’ampia diffusione di queste sostanze, nel tempo sono stati intensificati gli interventi per regolamentare e limitare l’uso dei PFAS, nonché per individuare e gestire le fonti di contaminazione presenti nell’ambiente. Ma nonostante diversi regolamenti europei abbiano introdotto restrizioni all’impiego di alcuni PFAS, è tuttora in corso l’uso di migliaia di varianti di queste sostanze non regolamentate.
Nel gennaio 2023 cinque paesi europei – Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Norvegia e Svezia – hanno presentato all’Agenzia europea delle sostanze chimiche (ECHA – European Chemicals Agency) una proposta di restrizione della produzione, immissione e uso di circa 10.000 PFAS, escluso per gli usi medici e di alta tecnologia. Dopo la pubblicazione da parte dell’ECHA, è stata avviata una consultazione pubblica sulla proposta di restrizione di sei mesi, che si è conclusa il 25 settembre 2023. I comitati scientifici per la valutazione dei rischi e l’analisi socioeconomica dell’ECHA valuteranno la proposta di restrizione ed esprimeranno un parere, che potrebbe essere pronto fra un paio di mesi. L’ECHA presenterà quindi un dossier alla Commissione europea per l’esame e la decisione finale.
Una recente inchiesta giornalistica, che ha coinvolto diciassette testate di tutta Europa coordinate dal quotidiano Le Monde, ha rivelato l’esistenza di più di 17mila siti contaminati da PFAS in Europa, dei quali oltre 1600 si trovano in Italia.
Al confine con l’Emilia-Romagna si trovano tre delle regioni che denunciano i problemi più rilevanti – Veneto, Lombardia e Piemonte – nei cui territori i PFAS sono stati rilevati non solo nei pressi di insediamenti industriali, aeroportuali e nei siti di smaltimento rifiuti, ma anche nelle acque del fiume Po. In particolare, in Veneto i PFAS hanno contaminato un’area in cui risiedono 350.000 persone. Le sostanze si sono diffuse ormai ovunque: nell’aria, nell’acqua, nella terra e perfino nel sangue umano.
Nel giugno 2021 l’assessora Irene Priolo, in risposta a una interrogazione del Gruppo Misto, aveva reso noto che in Emilia-Romagna sono presenti 199 aziende che producono o utilizzano nei processi produttivi sostanze PFAS per le quali non sono presenti monitoraggi allo scarico in quanto non previsti dalla vigente normativa e aveva annunciato l’avvio di un primo monitoraggio, nel secondo semestre 2021, attraverso alcuni campionamenti dell’acqua di rete per gli acquedotti che servono il maggior numero di abitanti.
Con l’interrogazione ho chiesto alla giunta quali risultati abbia dato il monitoraggio. Considerato che la nostra regione confina con tre regioni ad alto grado di inquinamento da PFAS – Piemonte Lombardia e Veneto – e che l’inchiesta giornalistica coordinata da Le Monde localizza alcuni siti contaminati e tantissimi siti potenzialmente contaminati anche nella nostra regione, ho inoltre chiesto alla giunta se non ritiene necessario, qualora non l’avesse già fatto, avviare un programma di sorveglianza sanitaria della popolazione ubicata nelle zone a rischio.
Risultati del monitoraggio a campione dell’acqua nella rete degli acquedotti e avvio di un monitoraggio sanitario: queste le due principali richieste contenute nell’interrogazione depositata oggi.
In aggiunta, ho chiesto se la Regione abbia partecipato in qualche modo alla fase di consultazione pubblica indetta da ECHA a seguito della proposta di restrizione della produzione, immissione e uso di circa 10.000 PFAS, presentata da cinque paesi europei (Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Norvegia e Svezia) e se sia a conoscenza di osservazioni, indicazioni e/o richieste di esenzioni inoltrate ad ECHA da parte di aziende presenti sul territorio dell’Emilia-Romagna durante la fase di consultazione pubblica conclusasi il 25 settembre 2023.
Qui il link al testo dell’interrogazione con ulteriori dettagli https://www.silviazamboni.it/…/EuropaVerde…