Europa Verde lo ha detto con chiarezza da tempo: il cambiamento climatico, già in atto, è un’emergenza che va affrontata con efficacia e senza tentennamenti, accelerando l’uscita dalle fonti fossili e le tappe della transizione energetica ed ecologica. Due percorsi che, purtroppo, in Italia appaiono sempre più un miraggio, complice anche il pauroso rincaro di metano e petrolio legati in gran parte alle sanzioni alla Russia. Questo rincaro, invece di spingere a favore di interventi di efficienza energetica e della corsa delle rinnovabili, sta rilanciando da noi un surreale dibattito sul nucleare “sicuro” che non si sa cosa sia concretamente; sta promuovendo i rigassificatori destinati in larga parte a trattare il gas Usa ottenuto dal devastante fracking e pronti non prima di due anni; e sta moltiplicando acquisti frenetici di gas metano in tutto il globo, a prescindere dalla carta d’identità democratica dei paesi esportatori. Intendiamoci: il caro-energia è un dato di fatto che sta erodendo i bilanci delle famiglie e mettendo a dura prova i bilanci delle imprese, grandi e piccole. Dovrebbe essere colto, però, come occasione per accelerare la svolta #green con l’impiego delle tecnologie oggi disponibili.
Mentre in Italia è in corso un dibattito politico arretrato e miope, nel mondo c’è invece chi la transizione la vuole fare sul serio. Dopo la Germania, che si è data l’obiettivo di tagliare le emissioni climalteranti dell’65% al 2030 con l’80% di energia consumata da fonti rinnovabili, e di raggiungere la neutralità carbonica al 2045 (5 anni prima da quanto previsto dalla Legge sul Clima europea), anche la #California, da decenni leader nella #greeneconomy energetica, si è data obiettivi sfidanti stanziando risorse adeguate: per raggiungere la neutralità carbonica nel 2045 ha varato un piano di investimenti da 54 miliardi di euro. Non tutto è condivisibile di questo piano: in California è in funzione una centrale nucleare la cui attività è stata prorogata al 2030, analogamente alla Germania che lascerà in funzione fino al 2023 gli ultimi due reattori che avrebbe dovuto spegnere a fine 2022. Due rinvii che, se comprensibili di fronte all’emergenza, non giustificano il chiacchiericcio sul nucleare in corso in Italia, dove le centrali andrebbero costruite da zero, con costi enormi e in non meno di dieci anni.
A parte il nucleare, il piano diventato legge dello Stato della California si ispira al principio che bisogna smettere di inquinare e puntare sulle rinnovabili. I provvedimenti impegnano la California a tagliare almeno dell’85% le emissioni di gas serra entro il 2045. Sempre per quella data, per raggiungere la neutralità climatica, le emissioni di gas serra residue (15%) dovranno essere compensate. All’obiettivo di avere una generazione elettrica 100% green al 2045 ci si arriverà con due tappe intermedie: il 90% entro il 2035 e il 95% entro il 2040. Inoltre, tutte le agenzie statali dovranno approvvigionarsi di energia da fonti rinnovabili al 100% entro il 2035. Sono previsti anche interventi a tutela delle comunità locali più vulnerabili. Queste le cifre del pacchetto di finanziamenti contro la crisi climatica: 5 miliardi di dollari andranno, per 5 anni, ai programmi statali di tutela del clima e adattamento alla siccità;15 miliardi al miglioramento del trasporto pubblico; 6 miliardi per promuovere le auto elettriche; infine 8 miliardi per decarbonizzare la rete elettrica nazionale. Inoltre, la California, che ha sofferto le conseguenze di pesanti blackout, aveva già deciso lo stop alla vendita di auto diesel e benzina a partire dal 2035.
L’Italia, invece, non ha ancora un piano energetico nazionale strutturato per il contrasto al cambiamento climatico, né uno di adattamento ai cambiamenti climatici. Eppure nel dibattito elettorale, con esclusione dell’Alleanza Verdi e Sinistra italiana, non emerge la consapevolezza che è ora di darsi una mossa deliberando investimenti e obiettivi coerenti con gli Accordi sul Clima di Parigi e la Legge sul Clima europea. Salvo poi invocare lo stato d’emergenza a danni avvenuti, come è successo nelle scorse settimane prima con la siccità e poi con le – tragicamente puntuali – seguenti alluvioni. Una miopia che stiamo già pagando cara. E che ci costerà sempre di più se non si inverte la rotta.