Al momento stai visualizzando CAVA DI MONTE TONDO: STOP ESTRAZIONI, SÌ ALLA RICONVERSIONE
Dopo 63 anni di attività estrattiva, il futuro della cava di Monte Tondo deve essere uno solo: stop all’estrazione di gesso, ripristino ambientale del sito e sostegno della candidatura di quest’area straordinaria a Patrimonio Mondiale dell’UNESCO, un processo che rischia di essere compromesso proprio dal proseguimento delle estrazioni. Una soluzione che dovrà accompagnarsi con le dovute garanzie di reddito e occupazione per i dipendenti impegnati nella cava.
La posizione di  Europa Verde Emilia-Romagna, condivisa da diverse associazioni ambientaliste e comitati di cittadini, è chiara. Cosa intende fare la Regione Emilia-Romagna? L’ho chiesto in un’interrogazione che ho depositato a seguito della pubblicazione dello studio commissionato dalla Regione stessa sulla sostenibilità o meno dell’ampliamento dell’area estrattiva del Polo Unico Regionale del gesso in località Monte Tondo, all’interno del Parco regionale della Vena del Gesso Romagnola. Questo studio delinea quattro scenari, di cui uno solo (lo scenario A) prevede la cessazione delle attività entro il 2022.
Alla giunta regionale ho chiesto se condivide le perplessità espresse dalle associazioni ambientaliste e dalla Federazione Speleologica dell’Emilia-Romagna sullo scenario “B”, giudicato dallo studio come il più auspicabile: questa opzione prevede di contenere l’area di estrazione del gesso entro i confini del vigente PIAE (Piano Infraregionale delle Attività Estrattive) e di considerare il nuovo periodo di attività come l’ultimo possibile e concedibile. Pur non prevedendo l’ampliamento dell’area di cava e il proseguimento quasi sine die delle estrazioni (come fanno gli scenari “C” e “D”), anche lo scenario “B” – secondo Europa Verde e le associazioni ambientaliste – consente infatti l’ulteriore distruzione di grotte appartenenti all’importante sistema carsico dell’area, in contrasto con le previsioni della legge dell’Emilia-Romagna sull’istituzione del Parco Regionale della Vena del Gesso Romagnola.
Le attività estrattive rappresentano una delle maggiori cause di degrado ambientale perchè modificano irreversibilmente il paesaggio. Le attività di “ripristino ambientale” al termine della coltivazione della cava, anche nello scenario “B”, sarebbero pertanto inefficaci per ripristinare lo status quo ante.
Per non compromettere la candidatura in corso del sito “Grotte e carsismo evaporitico dell’Emilia-Romagna” a Patrimonio Mondiale dell’UNESCO, occorre programmare la fine delle attività estrattive e la riconversione della cava attraverso un percorso con tempi certi, offrendo garanzie di reddito e occupazione ai lavorartori.
 il testo integrale dell’interrogazione: https://bit.ly/3cr2tP

Silvia Zamboni

Giornalista – Ambiente e Sostenibilità, Energia e Cambiamenti Climatici, Economia Circolare, Green Economy, Sharing e Digital Economy, Mobilità Sostenibile, Turismo Sostenibile, Agricoltura e Manifattura Biologica, Politiche Ambientali Europee.