Davvero un grande successo di partecipazione: alla Conferenza sul futuro dei verdi tedeschi, la Zukunftkonferenz (Berlino, 2 luglio) hanno partecipato oltre 900 persone, che si sono ritrovate per ascoltare ed essere ascoltate dai dirigenti, senza votare documenti e mozioni. Divise in dodici gruppi di lavoro, hanno discusso sui temi d’attualità, visti dalla prospettiva di un partito che, da spalla politica di minoranza dei socialdemocratici (la Spd) nelle coalizioni rosso-verdi, da mesi nei sondaggi mantiene ottime chance per giocare il ruolo di prim’attore. Come peraltro è già avvenuto nel più ricco, più popoloso e più industrializzato Land tedesco, il Baden-Wuettenberg, dove da maggio di quest’anno è un presidente verde, Winfried Kretschmann, a guidare una maggioranza di governo Gruene-Spd dopo sessanta anni ininterrotti di governo democristiano.
La Conferenza di Berlino ha messo in luce la crescente attenzione dei verdi tedeschi verso i ceti medi, al centro della discussione, per esempio, del gruppo di lavoro sulla redistribuzione del reddito e sul superamento degli ostacoli che tengono bloccato l’”ascensore sociale”. Disoccupazione giovanile, centralità della formazione scolastica, blocchi sociali di genere: temi che appartengono anche al nostro dibattito e che nei verdi tedeschi mi sembrano segnare una palpabile distanza dal vecchio scontro tra i Fundies (i fondamentalisti di cultura anticapitalista di varia origine e natura) e i Realos, l’ala dell’ex vice cancelliere Joschka Fischer.
La molteplicità di terreni su cui sono impegnati i Gruenen, che non sono mai stati un puro partito ambientalista, è ben rispecchiata nei temi affrontati nei gruppi di lavoro. Al mattino si è discusso di:
• nel gruppo di lavoro ecologia-economia, “La trasformazione dell’industria dell’auto”, con un confronto tra Kretschman e Matthias Wissmann, Presidente della Federazione delle industrie produttrici d’auto. In questo contesto Kretschmann ha ribadito che “meno auto è meglio”;
• nel gruppo società “Cosa significa per i verdi diritto alla redistribuzione?”;
• nel gruppo Europa “Costruire davvero l’Europa o rompere tutto”;
• nel gruppo democrazia “Giustizia e partecipazione”;
• nel gruppo Comuni “I servizi pubblici dei Comuni”;
• nel gruppo donne “Verso una società solidale e equa rispetto ai sessi”;
• nel gruppo sulla pace “I movimenti riformisti nel nord Africa e in Medio Oriente. La politica estera dell’Europa alla prova”.
Nel pomeriggio:
• nel gruppo economia-ecologia “Consumo sostenibile per tutti“;
• nel gruppo società “Come superiamo le barriere sociali? Come rendere possibile l’ascesa sociale e come rafforzare l’inclusione?”;
• nel gruppo Europa “Chi comanda? Il futuro della politica estera dell’Europa”;
• nel gruppo democrazia “Il potere economico e la democrazia”;
• nel gruppo comuni “Il modello Comune”;
• nel gruppo nord-sud “La giustizia mondiale per l’accesso alle risorse”;
• nel gruppo media e politiche di rete, democrazia e diritto e cultura “Libertà di informazione nel XXI secolo”
Del documento su economia ed ecologia che ha introdotto il confronto tra Kretschmann e Wissman, e gli interventi del pubblico, mi ha colpito il fatto che avremmo potuto sottoscriverlo in pieno anche noi ecodem: è il medesimo approccio all’economia verde come exit strategy dalla crisi economica. Si parla infatti del superamento della contrapposizione tra economia ed ecologia, e di come l’economia verde, in rapporto ad esempio alla crisi climatica, rappresenti una soluzione win win. Compito dei verdi ora è di individuare non solo la strategia per condurre il processo di trasformazione ecologica dell’economia, ma anche mettere bene in luce gli aspetti di durezza, le difficoltà che questo comporta: non tutti i posti di lavoro in tutti i settori industriali si salveranno, ma , in cambio, ci saranno opportunità nuove.
Nel pomeriggio ho seguito la discussione sulla redistribuzione dl reddito, applicata anche a una riforma del sistema fiscale, con approfondimento sulla ingiustizia distributiva di genere e il blocco nell’ascesa sociale che colpisce in particolare le donne, (un tema non assegnato ai relatori che hanno introdotto la discussione, ma che è stato poi incluso coinvolgendo una relatrice esperta della materia presente in sala).
Per chi, come me, ha seguito i Gruene fin dalla nascita, credo colpisca il loro interesse dichiarato a relazionarsi con i ceti medi: passati dall’iniziale 5-6 per cento al pur eccellente 11-12 di qualche anno fa, per approdare ad oltre il 20%, fino ad essere il primo partito in Baden-Wuettenberg, i verdi tedeschi hanno spostato il baricentro politico e cercano nuovi target sociali. Di fondamentalisti, in apparenza, quasi nessuna traccia, dopo anni di memorabili scontri e divisioni interne. La differenza tra la maggioranza attuale che si potrebbe ancora definire dei “Realos” e la “sinistra” (per esempio dell’ex ministro all’ambiente Juergen Trittin, uno dei tre nomi del toto candidato alla cancelleria, oggi capogruppo al Bundestag insieme a Renate Kunast, candidata Sindaco a Berlino) secondo un membro della presidenza del partito si riassumerebbe nel fatto che “la sinistra del partito dice con un anno e mezzo di ritardo le cose che noi diciamo oggi”.
La partecipazione alla Conferenza sul futuro è stata anche l’occasione, per Stella Bianchi (responsabile ambiente della segreteria Bersani) e per me (come vice presidente ecodem), per prendere formalmente contatti diretti con il presidente dei Gruenen, Cem Ozdemir (la co-presidente di Cem è Claudia Roth: tutte le principali cariche dei verdi tedeschi, a tutti i livelli, prevedono una doppia presidenza composta da una figura maschile e una femminile). Con grande disponibilità ci ha ricevute nel suo ufficio, nella sede dei verdi in Platz vor dem neuen Tor, a margine della Sommerfest post-conferenza, flagellata da una pioggia torrenziale e raffiche di vento che a tutto facevano pensare fuorché all’estate. Ma…incontro bagnato, incontro fortunato: l’interesse da parte loro ad approfondire i rapporti, sui temi che condividiamo, con il partito democratico e gli ecodem c’è.
L’incontro con Ralf Fuecks, co-presidente della Fondazione Heinrich Boell legata ai verdi, è avvenuto nella loro sede, un magnifico edificio realizzato recentemente con fondi pubblici. E’ costato 14 milioni di euro: cinque piani nella vecchia Berlino-est, a due passi dal cuore politico della capitale tedesca, con un’enorme sala conferenze, una biblioteca. Complessivamente, nelle varie sedi della Fondazione sparse nel mondo, lavorano 200 persone.
A Fuecks ho chiesto, tra l’altro, su quali temi stia lavorando la fondazione, un vero cervello propulsore, che stimola la discussione dentro e fuori il partito, non solo in Germania, e che commissiona di regola anche ricerche all’esterno su argomenti di stringente attualità, come, di recente, l’energia nucleare.
Greening the economy (riconversione verde dell’economia) e Green New Deal restano uno dei temi trainanti, così come la ristrutturazione del sistema energetico, la riforma del sistema fiscale con inclusione della tassa sulla CO2. In materia di politiche urbane, a maggio hanno organizzato la terza conferenza internazionale sulla trasformazione ecologica delle città, includendo approfondimenti su un nuovo modello di mobilità, la mobilità elettrica, il trasporto pubblico. Stanno lavorando anche sul tema della chimica sostenibile (in particolare hanno aperto un canale di dialogo con la Bayer), visto che l’energivora industria chimica è una delle tre colonne portanti del sistema industriale tedesco. Hanno in preparazione una conferenza sul futuro dell’industria dell’auto che si terrà a gennaio a Stocccarda, capitale del Baden-Wuettenberg. Si occupano di inclusione sociale, di democrazia partecipativa, di crisi finanziaria dell’Europa. E dei cambiamenti demografici, a partire dai riflessi che hanno sul mercato del lavoro, dai cambiamenti che comportano per il sistema delle pensioni da riformare. Inizialmente l’analisi farà riferimento alla sola Germania, per allargare poi la visuale al livello complessivo europeo. Ovviamente si occupano di cambiamenti climatici e politiche energetiche per farvi fronte, di politiche agricole, di politica estera e di sicurezza, di futuro della democrazia in Europa: partecipazione e concetto di sovranità nazionale.
Come nota a margine vorrei segnalare il film “Joschka e mister Fischer”, che da un paio di settimane viene proiettato nei cinema off-off tedeschi. E forse anche questo è un segnale del ruolo politico-culturale nazionale assunto dai verdi, non più partito di nicchia. Tanto più che quello di Fischer è uno dei tre nomi che si rincorrono nel toto-candidato verde alla cancelleria tedesca alle politiche del 2013.
Il film ripercorre la biografia, politica e non, di Fischer, lo studente ribelle, ex tassista, ex libraio, poi parlamentare verde, divenuto successivamente il primo ministro verde (all’ambiente) in un governo regionale rosso-verde (quello dell’Assia), poi nominato ministro agli esteri, e quindi anche vice-cancelliere. Ma Fischer, nel film, è anche il perno attorno al quale ruota la ricostruzione, vista da quella parte politico-culturale, della storia della Germania: dal dopoguerra vissuto, in ginocchio, sentendosi vittime della “vendetta” degli alleati vincitori, al bagno di verità storica e all’avvio del fare i conti col proprio passato dell’epoca adenaueriana che impose nelle scuole la proiezione di un documentario sulla persecuzione degli ebrei; poi le rivolte del ’68, l’arrivo in Germania, cacciato dalla Francia, di Daniel Cohn-Bendit, futuro leader dei verdi di Francoforte insieme a Fischer, quindi le manifestazioni contro la guerra in Vietnam, fino agli “anni di piombo” del terrorismo (anche in Germania li chiamano così) della Raf e dintorni; poi la nascita dei verdi all’inizio degli anni ’80, il loro ingresso in Parlamento, fino alla vice cancelleria di Fischer nel governo Schroeder, con la responsabilità di condividere, per motivi umanitari, l’intervento in Bosnia che gli costò, ministro agli esteri, più di qualche fischio e forti contestazioni da una parte del partito.