Ancora privo di una legge per arginare il consumo di suolo, il nostro paese continua a mangiare terreno agricolo, come evidenzia al di là di ogni dubbio il nuovo rapporto di ISPRA.
Nel 2022 abbiamo sigillato con asfalto e cemento 77 kmq di territorio vergine, il 10% in più del 2021. I cambiamenti nel 2022 si concentrano in alcune aree del Paese: nella pianura Padana (nella parte lombarda e veneta e lungo la direttrice della via Emilia), lungo tutta la costa adriatica, in particolare in alcuni tratti del litorale romagnolo, marchigiano e pugliese. Tra i capoluoghi delle città metropolitane risparmiano suolo solo Genova, Reggio Calabria e Firenze.
Ma dove sparisce il suolo e ad opera di chi?
La logistica e la grande distribuzione organizzata (supermercati), tra le principali cause di consumo di suolo in Italia, nel 2022 toccano il massimo dal 2006, con un picco di crescita superiore ai 506 ettari. Negli ultimi sedici anni il fenomeno si è concentrato nel Nord-Est del Paese, con oltre 1.670 ettari (il 5,8% del totale del consumo di suolo dell’area), seguito dal Nord-Ovest con 1.540 ettari (6,1%) e il Centro con 940 ettari (4,7%).
Le grandi infrastrutture rappresentano l’8,4% del consumo totale, mentre gli edifici realizzati negli ultimi 12 mesi su suoli che nel 2021 erano agricoli o naturali sfiorano i 1.000 ettari, pari al 14% delle nuove superfici artificiali. 948 ettari (il 13,4%) in più per piazzali, parcheggi e altre aree pavimentate, mentre le aree estrattive consumano 385 ettari di suolo in un anno, pari al 5,4% del totale.
Per l’installazione a terra di impianti fotovoltaici si sono resi necessari quasi 500 ettari di terreno, 243 dei quali rientrano nella classificazione europea di consumo di suolo.
Quali le ricadute per popolazione e territori?
Il consumo di suolo incide sulle temperature delle città, già alterate e in aumento a causa del riscaldamento globale. Nei principali centri urbani italiani la temperatura cresce in relazione all’aumentare della densità delle coperture artificiali, raggiungendo nei giorni più caldi valori compresi tra 43 e 46 °C nelle aree più densamente cementificate. In media, la differenza di temperatura del suolo nelle aree urbane di pianura rispetto al resto del territorio è di 4°C d’estate con massime di 6°C a Firenze e di oltre 8°C a Milano.
Non solo: il consumo di suolo incrementa il rischio idrogeologico, in un paese, l’Italia, che ha il non invidiabile record europeo del numero di frane. Eppure si va avanti come niente fosse. In un solo anno sono stati più di 900 gli ettari di territorio impermeabilizzato nelle aree a pericolosità idraulica media. Mentre il rischio idraulico porta ad una costante diminuzione della disponibilità di aree agricole con l’eliminazione in 12 mesi di altri 4.500 ettari, pari al 63% del consumo di suolo nazionale.
Quali i costi nascosti della perdita di servizi ecosistemici legata al consumo di suolo?
Sulla base dei nuovi dati raccolti, sono stimati da Ispra in 9 miliardi di euro per ogni anno tra il 2006 e il 2022.
La perdita di suolo e di tutti i servizi ecosistemici che esso fornisce, compresa la capacità di assorbire l’acqua, non conosce battute d’arresto: il 13% del consumo di suolo totale (circa 900 ettari) ricade nelle aree a pericolosità idraulica media, dove il 9,3% di territorio è ormai impermeabilizzato, un valore sensibilmente superiore alla media nazionale (con un aumento medio percentuale dello 0,33%).
Si consuma suolo anche in aree fragili?
Considerando il consumo di suolo totale nel 2022, più del 35% (oltre 2.500 ettari) si registra in aree a pericolosità sismica alta o molta alta. Infine, il 7,5% (quasi 530 ettari) è nelle aree a pericolosità da frana.
Questo il rapporto allarmante sul 2022. Come sarà il 2023? L’alluvione in Romagna avrà insegnato qualcosa in materia di gestione virtuosa del territorio al tempo dell’emergenza climatica? O continuerà tutto come prima? Come Europa Verde continueremo a batterci perchè il paese si doti di una legge contro il consumo di suolo e localmente perchè si pratichino politiche urbanistiche più sagge e lungimiranti. A cominciare dall’Emilia-Romagna, regione che, in particolare sull’altare della logistica, consuma troppo suolo.