A volte ritornano….E’ il caso della Diga di Vetto, il mega invaso a cavallo tra parmense e reggiano, rilanciato di recente dalla richiesta di finanziarne il progetto che l’assessora regionale Irene Priolo ha inviato al ministero. I #Verdi sono storicamente contrari alla realizzazione di quest’opera, motivata dalla richiesta di acqua a fini irrigui: non per partito preso preventivo, ma perché siamo convinti che sia l’opera sbagliata nel luogo sbagliato.
Oggi la Gazzetta di Reggio – che ringrazio per l’ospitalità – riporta un mio lungo intervento che illustra la posizione di #EuropaVerde: non un semplice “no” alla realizzazione dell’invaso, ma la controproposta di un percorso di riconversione dell’agricoltura e dei sistemi irrigui adottati oggi, unito ad un progetto di valorizzazione del territorio e dell’ambiente naturale locale, coerente con l’emergenza climatica in atto e l’obiettivo di tutelare la #biodiversità. Nell’articolo sottolineo che oggi esistono tecniche d’irrigazione in grado di garantire gli stessi risultati di produzione agricola consentendo di risparmiare il 75% di acqua, una risorsa scarsa la cui tutela deve stare a cuore a tutti, visto che i cambiamenti climatici provocano sempre più frequenti fase di siccità.
Per la collocazione e le sue dimensioni, l’invaso di Vetto devasterebbe la vallata dell’Enza all’altezza dei comuni di Vetto d’Enza e Ramiseto, nel reggiano, e Neviano degli Arduini e Palanzano nel parmense. Una distruzione che, per i tempi di realizzazione richiesti dall’opera, stimati intorno ai dieci anni, non servirebbe nemmeno a raggiungere lo scopo per cui la si vuole realizzare. Per cui viene spontanea domanda: ”E in questi dieci anni cosa facciamo per fornire all’agricoltura l’acqua richiesta?”.
Il primo limite dello studio che ha rilanciato la realizzazione della diga di Vetto è che non prevede misure di adattamento dei sistemi di coltivazione attuali ai cambiamenti climatici, per volgere a colture meno idro-esigenti e a sistemi di irrigazione più efficienti.
A nostro parere, i fondi chiesti al ministero per lo studio andrebbero quindi più utilmente destinati alla riconversione dei metodi irrigui e allo studio di nuove filiere agroalimentari che hanno bisogno di minor acqua.
Qui come altrove i problemi che affliggono l’agricoltura vanno risolti nella cornice del Patto per il Lavoro e il Clima, degli impegni presi dall’Italia con gli accordi di Parigi e delle politiche per il clima dell’Unione Europea. Anche l’agricoltura, che oggi in Emilia-Romagna origina il 12% di emissioni climalteranti, per la tutela stessa delle attività agricole deve dare il proprio contributo alla mitigazione, ovvero alla riduzione di queste emissioni, e deve avviare interventi di adattamento.
La Diga di Vetto più che al cambiamento climatico sembra rispondere al partito del cemento con la prospettiva di occupare per dieci anni la Val d’Enza, lasciando di questo meraviglioso scenario solo un mesto ricordo. Per tutti questi motivi noi
Europa Verde – Verdi siamo contrari alla costruzione della diga in una vallata intatta che meriterebbe piuttosto di essere tutelata con un parco regionale.