Sulla base di due studi pubblicati in questi giorni, a voler essere generosi si potrebbe dire che in Emilia-Romagna c’è una situazione di luci e ombre sia sul tema della raccolta differenziata dei rifiuti sia sul grave problema del dissesto idrogeologico.
È soprattutto quest’ultimo che preoccupa fortemente perché, secondo l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), questo fenomeno mostra un trend peggiore della media nazionale.
Gli emiliano-romagnoli che vivono in zone ad alto rischio in caso di alluvioni ed eventi meteo estremi sono 428.000, pari al 9% della popolazione, contro una media nazionale del 4,1%. Solo Calabria e Liguria hanno dati percentuali peggiori. I territori più esposti sono il ferrarese, il ravennate e il riminese, ma le cronache degli ultimi mesi sul moltiplicarsi di alluvioni ed eventi estremi ci dicono chiaramente che questo problema riguarda tutta la regione e che la messa in sicurezza idraulica del territorio deve essere affrontata come una priorità.
In particolare, in Emilia-Romagna, con riferimento agli scenari di pericolosità di alluvione media e bassa, tutti i Comuni della Provincia di Ferrara hanno quasi la loro intera superficie (95%) in area allagabile.
Altri dati poco lusinghieri sono stati resi noti con l’ultimo dossier di Legambiente Emilia-Romagna sulla raccolta dei rifiuti domestici in Emilia-Romagna: è vero che la differenziata sta crescendo, ma ci sono aree che si muovono ancora con estrema lentezza: Bologna, Ravenna e Piacenza in particolare.
Nel 2020, 56 comuni hanno raggiunto l’obiettivo virtuoso di mandare a smaltimento meno di 100 kg/abitante (nel 2013 solo 2 comuni sono riusciti a stare sotto i 100 kg), mentre altri 7 si sono fermati sotto i 50 kg/abitante. Se ne contano però ancora 71 che hanno smaltito più di 300 kg/abitante. È il caso dell’intera provincia di Ravenna, dove non si raggiunge nemmeno l’obiettivo del 65% di raccolta differenziata fissato in Italia per il 2012. Risultati scarsi e forti ritardi anche per la città di Bologna, con 253,4 kg/abitante di rifiuti smaltiti e il 51,4% di raccolta differenziata. Pessimi risultati a Piacenza, dove l’intera provincia non raggiunge gli obiettivi di legge.
Nell’analisi dei risultati e delle politiche di gestione dei rifiuti occorre fare, come è noto, una riflessione sulla loro origine. Ben venga la corretta differenziazione e il riciclo post-raccolta, ma non meno strategico è ridurre a monte la produzione dei rifiuti domestici. Un obiettivo, questo, che Europa Verde ha sempre posto con forza nelle istituzioni e nella società.
Va in questa direzione il disegno di legge – che ho depositato in Assemblea legislativa Emilia-Romagna – per promuovere la vendita di prodotti sfusi e alla spina al fine di ridurre in maniera significativa imballi in plastica, carta, cartone e alluminio. Una proposta a sostegno dei target ambiziosi che la Regione Emilia-Romagna si è data con il documento approvato recentemente in materia di pianificazione regionale: 80% di raccolta differenziata su base regionale e riduzione a 110 chili/abitante di rifiuti indifferenziati.
Se vogliamo raggiungerli, bisogna correre. Ovviamente col supporto delle multiutility che gestiscono il servizio, quello dei Comuni, nonché dei cittadini, che vanno aiutati con modalità di raccolta che supportino la differenziazione, e anche coinvolti nei processi virtuosi di riduzione a monta della produzione dei rifiuti. Un obiettivo da estendere ovviamente anche al settore produttivo e del commercio.