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“Economia a mano armata”, ecco chi ci guadagna sulla guerra

Il rapporto realizzato da Sbilanciamoci e Greenpeace mette a fuoco le politiche di riarmo e le conseguenze, le dinamiche che alimentano i conflitti e le alternative possibili. La presentazione giovedì 10 ottobre, alle 18, al Centro culturale Costa in Via Azzo Gardino 44. È la denuncia di uno scenario che vede l’Italia occupare la sesta posizione nella top ten mondiale dei Paesi esportatori di armamenti, dopo Usa, Francia, Russia, Cina e Germania

di Silvia Zamboni, capogruppo regionale uscente di Europa Verde-Avs, capolista di Avs a Bologna


Aoltre due anni e mezzo dall’invasione dell’Ucraina decisa da Vladimir Putin, la via diplomatica per il cessate il fuoco è solo un miraggio. In Medio Oriente l’escalation dello scontro tra Israele e Iran, che coinvolge Libano, Gaza e Cisgiordania, fa temere il peggio. E poi ci sono le guerre dimenticate, in Asia e Africa, lontane dai riflettori ma altrettanto cruente e distruttive.

A guadagnarci, i produttori e i mercanti d’armi, nel silenzio mediatico quasi generale sull’economia militare. Uno scenario che vede l’Italia occupare la sesta posizione nella top ten mondiale dei Paesi esportatori di armamenti, dopo Usa, Francia, Russia, Cina e Germania (fonte: rapporto Sipri 2024 su dati 2023).

A rompere il silenzio stampa, ci pensa il rapporto realizzato da Sbilanciamoci e Greenpeace “Economia a mano armata 2024. Spesa militare e industria delle armi in Europa e in Italia”, che mette a fuoco le politiche di riarmo e le conseguenze, le dinamiche che alimentano i conflitti e le alternative possibili. Il rapporto, la cui presentazione introdurrò e coordinerò, verrà illustrato giovedì 10 ottobre, alle 18, al Centro culturale Costa in Via Azzo Gardino 44, Bologna. Interverranno Sergio Andreis, direttore di Kyoto Club e primo firmatario della Legge sul commercio di armi 185/1990, Mario Pianta, professore di economia alla Scuola Normale Superiore Firenze, e da remoto Carlo Rovelli, fisico, professore all’Università Aix-Marseille, ideatore dell’iniziativa per la riduzione delle spese militari “Dividendo per la pace”. A seguire, domande e riflessioni dal pubblico presente.

Dopo la prefazione di Carlo Rovelli, il rapporto si apre con un approfondimento sulle politiche di guerra firmato da Giulio Marcon e Francesco Strazzari.

Segue una parte dedicata alla versione italiana del Rapporto di Greenpeace “L’Europa delle armi. La spesa militare e i suoi effetti economici in Germania, Italia e Spagna”, a cura di Chiara BonaiutiPaolo MaranzanoMario Pianta e Marco Stamegna, in cui si analizza la crescita della spesa militare in Europa mettendo a confronto gli effetti su crescita e occupazione delle spese militari e quelli della spesa sociale e ambientale, confronto dal quale risulta che la spesa in armi incide meno di quella civile sulla crescita.

L’intreccio tra spese militari e industria delle armi è analizzato da Francesco Vignarca, responsabile della Rete italiana per la pace e il disarmo.

Il contributo di Raul Caruso mette in discussione la tesi secondo la quale una maggiore spesa militare porta a maggiore sicurezza.

Sofia Basso si focalizza sulle missioni militari all’estero per proteggere le fonti fossili nei paesi in conflitto.

Gianni Alioti ricostruisce il quadro dell’industria militare in Europa e in Italia: dalla classifica delle maggiori imprese produttrici di sistemi d’armamento (Leonardo e Fincantieri in Italia) alla scala multinazionale delle attività, dalla dimensione finanziaria in crescita all’occupazione.

Guglielmo Ragozzino mette a fuoco il nuovo caccia Tempest, mentre Giorgio Beretta disegna il quadro delle esportazioni italiane di armamenti, evidenziando le responsabilità dell’Italia nell’alimentare conflitti in corso sullo scacchiere internazionale.

Marinella Correggia illustra alcune esperienze di riconversione dal militare al civile in Italia, dalle mine Valsella alle bombe Rwm prodotte in Sardegna.

Infine, Andrea Coveri e Dario Guarascio esplorano un aspetto quasi sconosciuto: la nuova frontiera dell’intreccio tra produzioni militari e piattaforme digitali, che vede le grandi imprese Usa del settore – Amazon, Google, Microsoft – sempre più coinvolte nelle commesse militari degli Stati Uniti e intente ad applicare ai preparativi di guerra le tecnologie digitali finora sviluppate in campo civile.

Come si vede, un rapporto ricco di analisi e dati su cui riflettere.

 

Questo articolo è uscito su Il Cantiere Bolognahttps://cantierebologna.com/2024/10/08/economia-a-mano-armata-ecco-chi-ci-guadagna-sulla-guerra/

Silvia Zamboni

Giornalista – Ambiente e Sostenibilità, Energia e Cambiamenti Climatici, Economia Circolare, Green Economy, Sharing e Digital Economy, Mobilità Sostenibile, Turismo Sostenibile, Agricoltura e Manifattura Biologica, Politiche Ambientali Europee.