Oggi è la Giornata Mondiale del Rifugiato, una ricorrenza istituita dalle Nazioni Unite per celebrare la forza, il coraggio e la perseveranza di milioni di persone costrette a fuggire da guerre, violenze, persecuzioni e violazioni dei diritti umani, e da qualche anno anche da eventi meteo estremi e crisi ambientali causati dal cambiamento climatico, come ad esempio la siccità e l’avanzata della desertificazione che riduce drasticamente l’acqua a disposizione e la produzione di cibo.
Gli ultimi dati disponibili stimano in 120 milioni le persone in fuga dai luoghi di nascita e in 43 milioni i rifugiati. Ma, stando alle previsioni dell’Onu, i migranti climatici arriveranno a 250 milioni. Sulla distribuzione dei rifugiati, in occasione di questa giornata l’Organizzazione Onu Unhcr ha diffuso dati che ribaltano l’opinione diffusa sulla dimensione dei flussi di migranti verso l’Italia e l’Europa: tale portata è infatti sovrastimata, poiché in realtà il 75% dei rifugiati è accolto da Paesi a basso e medio reddito, fuori dall’Unione europea. Analizzando i dati Eurostat, emerge che nel 2023 sono stati un milione i richiedenti asilo che hanno presentato per la prima volta domanda di protezione internazionale nei Paesi dell’UE, con un aumento del 20,1% rispetto al 2022. Ma, nonostante questo incremento, come detto i dati globali sui flussi reali indicano che a prevalere sono altre mete, diverse da Unione europea e Italia.
Per sostenere la campagna di solidarietà #WithRefugees dell’ #Unhcr, oggi saranno illuminati monumenti in undici città: Agrigento, Ancona, Bari, Firenze, Genova, Napoli, Palermo, Torino, Trieste, Verona e Udine. Oltre a questo gesto simbolico, che sottintende l’intento di fare luce e di garantire il rispetto dei diritti umani di tutti, ad illuminarsi dovrebbero essere però i governi. Ed è ora che il mar Mediterraneo, citando il cardinale Matteo Zuppi, smetta di essere un “mare mostro”, più che “mare nostro”.
L’ultima inaccettabile tragedia nelle acque del Mediterraneo è avvenuta proprio ieri l’altro: sessantasei esseri umani, tra i quali ventisei bambini, dispersi al largo di Roccella Ionica, in Calabria, a 120 miglia dalla costa. Non si può continuare a morire così nel nostro mare.
Altri dieci morti qualche ora prima si erano contati a sud di Lampedusa, in acque internazionali: partiti dalla Libia, viaggiavano su una barca a vela. Dei migranti alla deriva la Guardia Costiera è riuscita a metterne in salvo dodici, tutti sotto choc per quanto avevano vissuto nelle ore della traversata. Uno dei superstiti è morto poche ore dopo.
Secondo le competenti organizzazioni internazionali (Unhcr, Oim e Unicef), con gli ultimi due naufragi di ieri le vittime del mare salgono a 800 da inizio anno. Fa una media angosciante di cinque morti al giorno! Un fallimento collettivo – scrivono in una nota congiunta le suddette organizzazioni – un segno tangibile dell’incapacità da parte degli Stati di proteggere i più vulnerabili.
Ma le tragedie degli immigrati approdati (anche) nel nostro Paese in cerca di una possibilità vita che non trovano nei Paesi di origine non hanno come sfondo solo il mar Mediterraneo. E’ di ieri infatti la notizia scioccante del giovane bracciante indiano di trentuno anni, Satnam Singh, lasciato agonizzante in strada dopo che aveva perso il braccio destro in un incidente sul lavoro in un’azienda agricola a Borgo Santa Maria, nelle campagne della provincia di Latina, dove lavorava come addetto al taglio del fieno. Il braccio, tranciato da un macchinario avvolgi-plastica, era stato abbandonato su una cassetta della frutta accanto al corpo di Satnam Singh. Un ulteriore dettaglio raccapricciante in questa storia di crudeltà e di sfruttamento legato al caporalato.
E dire che una delle soluzioni, secondo Unhcr, sono i corridoi lavorativi legali: percorsi sicuri e regolari che dovrebbero consentire ai rifugiati di ottenere un lavoro dignitoso e regolare. Ma chi li controlla questi percorsi? Lo scorso anno, sono state poco meno di 160mila le persone sbarcate sulle coste italiane che, grazie alle loro competenze, una volta tratte in salvo si sono poi trasferite in un altro Paese per lavorare grazie a questi percorsi. Solo così i rifugiati possono essere ammessi in modo sicuro in un Paese terzo, in base ad un’offerta di lavoro concreta o a seguito della carenza di manodopera in un settore specifico, soddisfacendo le loro esigenze di protezione e salvaguardando i loro diritti. Ma a Satnam Singh questa opportunità non è stata data, e per questo è rimasto vittima del caporalato, un fenomeno illegale di sfruttamento della manodopera purtroppo ancora troppo diffuso nella campagne italiane nell’ambito del lavoro agricolo, a nord e a sud. Il giovane indiano è deceduto all’ospedale San Camillo di Roma, dove era stato trasportato d’urgenza in eliambulanza in condizioni disperate dopo che un cittadino, vedendolo sul ciglio della strada, aveva dato l’allarme. Come capogruppo di Europa Verde nell’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna non posso che esprimere il mio cordoglio alla famiglia da parte di tutti i Verdi.
Nella Giornata Mondiale del Rifugiato vorrei proporre una riflessione che non può non tornare sul tema della crisi climatica richiamata sopra, un’emergenza umanitaria globale che sta aggravando l’insicurezza alimentare: in almeno venti Paesi del mondo, dalla Somalia al Sudan, all’Afghanistan, fino allo Yemen, milioni di persone sono costrette a fuggire in cerca di acqua e cibo, oltre che di protezione umanitaria. Con il più che drammatico esito di finire invece torturate in campi di prigionia, come avviene nei lager libici, esposti a odissee che violano il loro corpo e la loro psiche. E’ più che probabile che anche Satnam Singh ci sia passato.
Eppure, quante volte abbiamo sentito dire che i migranti svolgono lavori che gli italiani non vogliono più fare. Quante volte abbiamo sentito dire che contribuiscono a riequilibrare il deficit demografico del nostro paese. Quante volte abbiamo sentito dire che migliorano i conti dell’Inps, nel caso ovviamente di quelli messi in regola dai datori di lavoro. Allora, almeno per queste ragioni miglioriamo l’accoglienza dei migranti e garantiamo il rispetto dei loro diritti umani. La crisi climatica che li fa fuggire dai loro Paesi nasce in Occidente, innescata dai Paesi ricchi che si sono arricchiti anche sfruttando le risorse dei Paesi del Sud.
Faccio quindi mie le parole del cardinale Matteo Zuppi pronunciate in occasione dell’incontro “La Forza dell’inclusione” organizzato dall’Unhcr in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato all’Università Luiss di Roma: “Mi auguro tanto che il nuovo Parlamento Europeo garantisca il diritto all’asilo. E lo si può fare soltanto nella solidarietà, parlando tutt’altro che di invasione. Caso mai di difesa di diritti. Ogni volta che si mettono in discussione i diritti è pericoloso per tutti. Non solo per qualcuno. Sempre”, ha detto il presidente della CEI nel suo intervento. Poi riferendosi alla rotta del mare che ci riguarda particolarmente ha affermato: “In quel cimitero che è diventato il Mediterraneo sembra non ci sia nessuno che si prende cura dei rifugiati anzi, vengono dipinti come nemici. Come pericolo”.