Mentre in Italia le scuole riaprono, senza Dad e senza obbligo di mascherine, in Afghanistan il regime dei talebani vieta alle ragazze di frequentarle. Pur consapevoli dei rischi che corrono, ancora una volta, però, non sono mancate ragazze che, con enorme coraggio, hanno manifestato contro il maschilismo oscurantista talebano, silenziate purtroppo, nel mondo, dai grandi eventi internazionali e nel nostro paese dalla campagna elettorale.
Eppure la notizia delle decine e decine di giovani afghane che hanno sfidato il regime per protestare contro la chiusura delle scuole secondarie femminili meritava più attenzione e maggiore solidarietà. La protesta è avvenuta davanti alla sede della Direzione dell’Educazione a Gardez, città capoluogo della provincia afghana di Paktia.
Per le studentesse afghane delle scuole secondarie anche quest’anno il portone d’ingresso resterà chiuso. Due settimane fa, dopo i giorni di protesta in strada delle ragazze nei mesi scorsi, era sembrato che le cose fossero cambiate: le scuole secondarie femminili a Paktia avevano iniziato infatti a funzionare su decisione degli anziani e dei capi tribali locali, senza però l’autorizzazione formale dei talebani, che dopo pochi giorni le hanno chiuse nuovamente, in attesa di chiarire come si possano conciliare sharia e insegnamento.
Stando a una recente analisi dell’UNICEF, privare le ragazze afghane del diritto all’istruzione secondaria ha effetti gravissimi non solo sul loro livello generale d’istruzione, ma anche in termini sanitari a causa delle gravidanze adolescenziali e della mortalità infantile. “Non permettere alle ragazze di tornare a scuola le espone a un rischio più elevato di sfruttamento e abuso, tra cui il traffico di bambini e il matrimonio precoce e forzato”, ha dichiarato il rappresentante dell’UNICEF in Afghanistan, Mohamed Ayoya. Secondo l’organismo delle Nazioni Unite, la decisione di escludere le ragazze dalla scuola secondaria dipende proprio dal fatto che più sono istruite più ritardano il matrimonio e la maternità, perché riescono a trovare un’occupazione potendo quindi contare sulla propria indipendenza economica, decidono del proprio futuro e, una volta diventate madri, investono di più nella salute e nell’istruzione delle figlie e dei figli.
Eppure, fare studiare le ragazze e lasciare lavorare le donne afghane porterebbe grandi vantaggi all’economia del Paese: grazie al miglioramento delle condizioni di vita dei tre milioni di ragazze che non sono in grado di completare l’istruzione secondaria, e consentendo l’accesso al mercato del lavoro alle donne che oggi ne sono escluse, l’economia dell’Afghanistan recupererebbe 5,4 miliardi di dollari, una cifra pari al 2,5% del suo PIL annuale.
Purtroppo già da anni la scuola è un luogo vietato alle giovani generazioni afghane: prima del 15 agosto dello scorso anno, quando i Talebani ripresero il potere, l’Afghanistan contava oltre 4,2 milioni di bambini fuori dalle scuole, dei quali più della metà erano bambine.
Non posso che esprimere solidarietà incondizionata alle donne e alle ragazze afghane che con coraggio si battono per il diritto a imparare, a costruire il proprio futuro e a conquistare l’autonomia economica col lavoro. Non possiamo lasciarle sole!
A questo link i riferimenti di associazioni che sono al loro fianco: https://www.wired.it/…/come-aiutare-donne-afghanistan…/