29 maggio 2012: una seconda scossa tellurica mette in ginocchio l’Emilia-Romagna, nel modenese e nel ferrarese.
6 giugno 2012: dopo una settimana il governo (Monti) nomina commissario il Presidente della Regione (Errani), stanzia risorse e, con Errani, definisce le procedure per gestione fondi e ricostruzione.
16 maggio 2023: ore ed ore di precipitazioni eccezionali annegano la Romagna, parte del bolognese e del ferrarese, in un mare d’acqua.
16 giugno 2023: a un mese dall’alluvione, sono stati stanziati dalla Protezione Civile 230 milioni a fronte di una stima di quasi 9 miliardi di euro di danni a famiglie e imprese, agricole e non agricole, e ai territori (frane, argini rovinati, strade e infrastrutture inagibili); non è stato nominato il commissario (che con tutta evidenza dovrebbe essere il Presidente della Regione, come si usa in situazioni analoghe), mancano procedure definite per gestire i risarcimenti, la fase di emergenza e quella della ricostruzione che deve partire al più presto.
Invece di contribuire a rimediare a questo ritardo, le cui conseguenze pesano su cittadini, imprese e sindaci, il ministro Musumeci ieri nell’incontro con i vertici istituzionali della Regione guidati dal Presidente Bonaccini, ci è andato giù pesante: “Il governo non è un bancomat”.
C’è poco da commentare: non è un bancomat, ma non è nemmeno un governo all’altezza della situazione e delle attese di famiglie, imprese e comuni alluvionati.