Il grado di civiltà di un Paese si misura osservando la condizione delle sue carceri (Voltaire). Lo ricordavo nel recente post sui problemi delle carceri dell’Emilia-Romagna.
Potremmo aggiungere un altro metro di misura: le condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro, un altro contesto in cui l’Italia deve ancora fare molto per dirsi un Paese civile. Pensiamo solo agli ultimi cinque operai investito da un treno nei pressi di Brandizzo. Avevano dai 22 ai 52 anni, vite strappate al futuro, alle famiglie, ai chi gli voleva bene. Piangiamo quelle vittime, ci uniamo al cordoglio ma non possiamo fermarci qui. Su Brandizzo andrà fatta chiarezza, ma i numeri ci dicono che non si tratta di casualità isolata.
Ecco quelli dell’Inail dei primi cinque mesi dell’anno: 245.857 infortuni, con 358 morti in appena 150 giorni! Una media nera di più di due vittime al giorno. Inaccettabile!
Questa deriva tragica va contrastata con un’azione di sistema che deve richiamare tutti alle proprie responsabilità. Servono anche più controlli, soprattutto in quelle zone grigie dove dominano precarietà e finti stage e in quei settori dove il numero di infortuni è maggiore. E assieme alle leggi e ai controlli, servono anche azioni culturali in grado di promuovere la cultura della sicurezza in ogni ambito della società.
In passato ho sostenuto il servizio volontario che svolge Carlo Soricelli con il suo monitoraggio sui decessi sul luogo di lavoro, una conta agghiacciante che vede nuove vittime quasi ogni giorno. L’Osservatorio di Soricelli, attivo da 15 anni, potrebbe diventare anche un prezioso strumento per orientare le poliche della pubblica amministrazione a favore del lavoro sicuro. Chi esce di casa per andare a lavorare deve poterci tornare integro.
Quella delle morti bianche è una vergogna che dobbiamo contrastare con tutto il nostro impegno.