Questo articolo è stato pubblicato sul Il Cantiere Bologna
La giornalista riminese Giulia Innocenzi, invitata dal gruppo consiliare Europa verde con il sostegno di Lav e Animal Liberation, sarà presente martedì 9 aprile alle 17 nell’Aula Magna in Viale Aldo Moro 30 alla proiezione del suo “Food for profit” con cui denuncia il lato oscuro della produzione di carne e i sussidi europei a un business che produce anche sofferenze, malattie, inquinamento e consumo di suolo. L’ingresso è gratuito con prenotazione obbligatoria al numero 3385037140
È risaputo che il benessere degli animali negli allevamenti non è solo eticamente dovuto, ma si riflette anche sulla salute del consumatore finale e sulla reputazione delle produzioni zootecniche. Allevamenti di piccola taglia, oltre a ridurre il consumo idrico altissimo per ogni capo allevato, consentono anche una migliore gestione dei reflui prodotti dagli animali, riducendo il consumo di suolo e l’impatto ambientale dell’ammoniaca che è notoriamente un precursore delle polveri sottili, molto dannose per il nostro apparato respiratorio.
Come capogruppo di Europa Verde nell’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna mi occupo da anni di allevamenti e benessere animale. Dall’inizio del mandato ho presentato numerosi atti ispettivi e risoluzioni sul tema, come per esempio la risoluzione – approvata nel 2021 – sulla promozione della transizione del settore zootecnico ad allevamenti che non impiegano le gabbie e garantiscono maggiori spazi vitali agli animali.
In Italia un bovino su quattro si trova nel territorio della Lombardia. Nella classifica seguono il Veneto, il Piemonte e al quarto posto troviamo l’Emilia-Romagna, con oltre mezzo milione di bovini, più di un milione di suini allevati e otto milioni di polli (dati 2022).
Un recente studio di Reca-Rete emergenza climatica e ambientale ha raccolto dati sul forte impatto sull’ambiente degli allevamenti intensivi, dalla produzione di grandi quantità di gas serra, alla formazione di un’importante quota di polveri sottili (Pm10 e Pm2,5), inquinamento da nitrati e nitriti dell’aria, delle acque e del suolo e antimicrobico resistenza, causata dall’uso degli antibiotici per combattere le infezioni che si sviluppano nei mega allevamenti, antibiotici i cui residui poi ci ritroviamo nel piatto.
L’inquinamento da nitrati delle acque superficiali e profonde, chiarisce Reca, deriva dall’eccessivo uso di fertilizzanti ottenuti dal “riciclo” dei liquami che necessitano di spandimento sui terreni per essere smaltiti. E dal terreno per effetto delle precipitazioni i nitrati si trasferiscono alle acque sotterranee. Gli allevamenti intensivi – si legge sempre nel documento di Reca – concorrono anche al consumo di suolo con conseguente degradazione del terreno, deforestazione e perdita di biodiversità.
Nella prefazione a uno studio della Fao del 2023, la vicedirettrice generale Maria Helena Semedo e l’economista capo Máximo Torero Cullen scrivono che il settore dell’allevamento deve contribuire ad affrontare una serie di sfide che includono problemi legati all’ambiente (per esempio deforestazione, cambiamenti nell’uso del suolo, emissioni di gas serra, uso insostenibile di acqua e suolo, inquinamento, competizione cibo-mangimi), gestione delle mandrie (scarso benessere degli animali), questioni relative alla salute degli animali (malattie, resistenza antimicrobica), questioni relative all’uomo e al bestiame (zoonosi, ovvero trasferimento di malattie dall’animale all’uomo, e malattie di origine alimentare).
Da tempo il consumo di carne rossa è al centro di discussioni sugli effetti per la nostra salute. Il Global Burden of Disease stima in 34mila i decessi per cancro ogni anno attribuibili a diete ricche di carni lavorate e rosse. Oltre al rischio cancerogeno, il consumo di carne comporterebbe anche un aumentato rischio di malattie cardiovascolari, epatiche, renali, metaboliche. Per il succitato studio della Fao, il consumo anche di bassi livelli di carne rossa trasformata può aumentare il rischio di mortalità e di malattie croniche, comprese le malattie cardiovascolari e il cancro del colon-retto. Mentre il consumo di carne rossa non trasformata in quantità moderate (da 9 a 71 grammi al giorno) può avere un rischio minimo ed è considerato sicuro per quanto riguarda gli esiti di malattie croniche. Non ci sono invece prove conclusive di un qualsiasi collegamento tra il consumo di latte, uova e pollame in adulti sani e malattie coronariche, ictus e ipertensione. Ma per chi ha scelto diete vegetariane o vegane c’è anche un motivo etico per abbandonare il consumo di carne: le condizioni in cui sono allevati gli animali.
Da alcune settimane sta riscuotendo grande attenzione il documentario “Food for profit” che mostra le atrocità di alcuni allevamenti intensivi, in giro per l’Europa, su mucche, maiali e polli dove si fa un uso massiccio di antibiotici e si ottengono ingenti fondi europei, in un poco edificante intreccio tra risorse della Pac (Politica agraria comune), sversamenti inquinanti, malessere anziché benessere animale e industria agroalimentare. L’indagine è durata cinque anni ed è stata effettuata con telecamere nascoste. Alcune immagini sono veramente molto forti e sconvolgenti. Il documentario sta andando fortissimo al botteghino pur non disponendo di una struttura distributiva convenzionale, a riprova che il tema del benessere animale è molto sentito e seguito. Tra le numerose tappe previste dall’autrice Giulia Innocenzi per presentare il docufilm, che ha realizzato insieme a Pablo D’Ambrosi, c’è anche la sede della Regione Emilia-Romagna. La proiezione è in programma martedì 9 aprile alle ore 17.00 nell’Aula Magna della Regione in Viale Aldo Moro 30.
L’iniziativa è organizzata dal Gruppo consiliare regionale di Europa Verde con il sostegno di Lav e Animal Liberation. L’ingresso è gratuito con prenotazione obbligatoria al numero 338 5037140.
Ringrazio Giulia Innocenzi per aver accettato il mio invito e avermi messo a disposizione “Food for profit” e per la presenza a fine proiezione per uno scambio di opinioni e commenti con il pubblico.