Pubblico di seguito l’intervista a Joschka Fischer, l’ex vice cancelliere tedesco e ministro degli Esteri nei governi rosso-verdi a guida Schroeder, uscita sul quotidiano l’Unità il 5 agosto 2015.

 

«Il problema dell’Europa è la Germania»

Parla Joschka Fischer, l’ex ministro degli esteri tedesco: la politica dell’austerità non funziona, blocca la crescita. Bene l’Italia sulla Grecia.

di Silvia Zamboni

Ha fatto parte del Bundestag come deputato dei Grünen dal 1994 al 2006, poi Joschka Fischer si è volontariamente ritirato dalla politica, pur restando un acuto osservatore e un convinto europeista legato al Gruppo Spinelli, con ancora un largo seguito nell’opinione pubblica tedesca e internazionale. L’abbiamo intervistato a pochi giorni dall’uscita in Italia del suo libro “Se l’Europa fallisce?” (Ledizioni).

Nel Suo libro “Scheitert Europa?” (“Se l’Europa fallisce?”), uscito in Germania nell’ottobre 2014, a partire dal titolo Lei scrive del pericolo che possa naufragare il sogno europeo. Quali sono a Suo parere i motivi all’origine di questo rischio?

«La causa principale, per effetto della pressione esercitata dalla crisi dell’euro, risiede nell’abbandono da parte degli europei del rispetto delle diversità e del principio di solidarietà. Allo stesso tempo è in atto un processo di ri-nazionalizzazione, per cui questi due fattori insieme possono davvero mettere in pericolo l’Europa.»

L’euro-egoismo che in più occasioni Lei ha rimproverato alla cancelliera tedesca Angela Merkel, a cominciare da quella sorta di invito all’“ognuno per sé” in risposta allo scoppio della crisi finanziaria nel 2008, può portare, anziché ad una Germania europea, ad un’Unione europea tedesca?

«No, non è possibile che si arrivi ad un’Europa tedesca: le resistenze contro questo esito sarebbero troppo forti perché possa succedere. Le recenti trattative a Bruxelles sulla questione greca hanno però messo in luce che il governo tedesco va in questa direzione. Del resto è così da sempre: la Germania è troppo grande per l’Europa e al contempo troppo piccola per giocare un ruolo politico autonomo sullo scacchiere internazionale. A livello puramente teorico c’è l’ipotesi di far uscire la Germania dall’eurozona, un’ipotesi in concreto non praticabile, anche se porterebbe ad una svalutazione dell’euro, che è quello di cui avrebbero necessità i paesi dell’eurozona. Il problema principale oggi non è la Grecia, bensì la politica che persegue la Germania nell’eurozona: può funzionare per i tedeschi, ma non per gli altri paesi, non per Italia, Francia, Spagna e tutti gli altri. E’ una politica dell’austerità che invece di basarsi sul favorire la crescita poggia sulla sua limitazione: è questo oggi il vero problema dell’eurozona. Il Patto per la Stabilità e la Crescita produce troppa stabilità e poca crescita. Indipendentemente da questo, l’Italia ha però dei problemi che vengono da più lontano: dieci anni di Berlusconi sono stati un lusso del quale adesso il paese ha ricevuto il conto. L’Italia ha perso in competitività. Quello di cui, al pari di altri paesi, ha bisogno è la crescita, che in buona parte viene bloccata dalla politica della Germania, a cominciare dall’obbligo del pareggio di bilancio che taglia le gambe alla ripresa.»

E’ sempre d’accordo che occorra europeizzare una parte del debito pubblico nell’eurozona, introducendo ad esempio gli eurobonds?

«Sì, sono sempre di quel parere. Se si vuole che l’euro sopravviva sul lungo periodo, non potremo evitare una condivisione del debito, diversamente l’euro resterà internamente debole. Al momento, però, non è per niente chiaro come ci si possa arrivare. Ciò di cui abbiamo bisogno è che l’eurozona funzioni come una comunità della crescita. L’errore più grande che fa la Germania è di imporre delle regole che ostacolano la crescita. Regole che da noi al momento più o meno funzionano, ma non nel resto dell’eurozona. Di fronte alla disoccupazione di massa, soprattutto giovanile, la priorità assoluta all’ordine del giorno oggi non è la stabilità ma la crescita. Il problema è che in Germania la situazione è completamente diversa: da noi c’è quasi la piena occupazione.»

Nelle ultime settimane si è parlato di Grexit. Come valuta l’accordo raggiunto con la Grecia che l’ha mantenuta nell’area dell’euro? E cosa comporterebbe/avrebbe comportato la Grexit?

«L’accordo a cui si è arrivati non è un buon accordo perché non riguarda tanto la situazione greca quanto in buona sostanza la politica interna della Germania. Ciò che è stato imposto alla Grecia con questo accordo già in passato non ha funzionato. Nel 2008 quando è scoppiata la crisi la Grecia aveva un livello di indebitamento sul Pil del 120% che nel frattempo è salito al 170%, se non di più. L’accordo non aiuterà la Grecia. D’altro canto il referendum voluto da Tzipras è stata una mossa idiota: ha solo peggiorato la situazione e reso ancora più salata l’operazione. In questo contesto è stato molto importante che Francia e Italia abbiano insistito per tenere la Grecia nell’euro. Uscire sarebbe stata una catastrofe per i greci e un rischio per l’Europa. Penso che in futuro sarà inevitabile arrivare in un modo o in un altro a ridurre il debito greco. E che proseguire con misure di taglio alla spesa può solo continuare a deprimere quell’economia, con l’indebitamento che aumenta anziché diminuire. La Grecia ha bisogno di una politica della crescita che permetta al paese di rimettersi in piedi. E’ vero, però, che ci vogliono anche delle riforme: in Grecia molte cose devono cambiare perché l’economia possa ripartire con successo. Bisogna, ad esempio, riformare i servizi pubblici, la giustizia, perché l’economia riacquisti competitività. Al contempo, i greci devono avere la possibilità di crescere di nuovo, di avere delle attività economiche, e non di vedersi aumentare ancora il numero dei disoccupati.

Allo scoppio di ogni crisi continua ad incontrarsi e a decidere insieme il tandem Hollande-Merkel, benché il consenso politico interno del presidente francese sia ai minimi storici. L’Italia conta ancora qualcosa sullo scacchiere europeo?

«Diciamo che l’Italia ha ricominciato a contare. Il vostro paese ha un ruolo molto importante da svolgere, ovvero fungere da elemento di riequilibrio tra Francia e Germania. Con mio grande rammarico questa funzione, che l’Italia ha svolto storicamente fin dalla fondazione della Comunità economica europea, sotto Berlusconi si era dissolta. Ma in futuro sarà sempre più necessaria. Nelle recenti trattative per definire il pacchetto di misure per la Grecia, ad esempio, Renzi e Hollande hanno pesato molto e positivamente. Ad esempio è stato cruciale il fatto che Renzi abbia detto pubblicamente “Ora basta!” per far capire al governo tedesco fino a che punto poteva spingersi. Per questo non sottovaluterei la posizione dell’Italia, che al contrario è molto importante.»

Italia, Grecia e Spagna si sentono abbandonate a se stesse nel far fronte all’ondata quotidiana di migliaia di migranti economici e di richiedenti asilo che si riversano sulle loro coste. Come giudica l’atteggiamento della Ue a questo riguardo?

«Punto primo: la mancata solidarietà dell’Europa è uno scandalo morale e politico. Questo problema ci tocca tutti, non riguarda solo italiani, greci e spagnoli. Punto secondo: è un’illusione, secondo me, pensare di poter mantenere inalterate le frontiere. Leggevo ieri le ultime previsioni dell’Onu sull’andamento della popolazione mondiale: alla fine del secolo ci saranno 11 miliardi di esseri umani sul Pianeta Terra. In Africa la popolazione quadruplicherà. In altre parole significa che l’Europa ha di fronte il problema dei rifugiati che arriveranno, un problema che deve affrontare insieme in modo solidale. E non siamo che all’inizio di questo processo, non alla fine, nè si tratta di un fenomeno che possiamo risolvere, che so, con più democrazia (nei luoghi di partenza delle popolazioni in fuga, nda). Arriveremo a costruire una nuova comunità completamente diversa, e non credo affatto che la cosa si possa affrontare a livello di stati nazionali. L’Italia, ci tengo a sottolinearlo, sta giocando uno straordinario ruolo morale e materiale salvando migliaia e migliaia di esseri umani davanti alle coste dell’Africa con le proprie unità navali insieme a quelle di altri paesi. E’ stato un errore interrompere il programma Mare Nostrum. Ma grazie a Dio si è ripristinato de facto qualcosa di simile.»

Silvia Zamboni

Giornalista – Ambiente e Sostenibilità, Energia e Cambiamenti Climatici, Economia Circolare, Green Economy, Sharing e Digital Economy, Mobilità Sostenibile, Turismo Sostenibile, Agricoltura e Manifattura Biologica, Politiche Ambientali Europee.