L’immigrazione va affrontata a livello europeo, non di singoli Stati membri. Vanno riformati gli Accordi di Dublino, approvando la riforma già votata dal Parlamento europeo, poi affossata dal Consiglio dei Capi di Stato e di Governo. A ulteriore riprova della necessità di modificare le regole di approvazione dei provvedimenti da parte del Consiglio: stop al diritto di veto per i singoli Stati membri da sostituire con il 100% di votazioni a maggioranza.
Nello specifico, i flussi migratori vanno accolti e gestiti solidalmente dagli Stati della Ue, e riallocati in maniera equa: il Mediterraneo e i confini di Spagna, Italia e Grecia sono confini europei. Ai migranti che fuggono da guerre, persecuzioni razziali, religiose e politiche va garantito il diritto d’asilo. Vanno inoltre rimosse le cause, dipendenti dall’economia predatoria dei paesi avanzati, che spingono gli immigrati ad abbandonare le loro terre in cerca di migliori condizioni di esistenza. Per i migranti economici vanno previsti iter di immigrazione regolare. Senza dimenticare che spesso i migranti economici sono tutt’uno coi migranti ambientali, in quanto fuggono da territori resi inospitali, ad esempio, dall’incremento della desertificazione legata ai cambiamenti climatici, le cui cause risiedono nei paesi responsabili delle maggiori quote di emissioni climalteranti.
Partecipando a Verona all’incontro tra candidati alle Europee organizzato dalla Cisl, ho appreso dal presidente del Veneto dell’organizzazione sindacale che l’11% degli iscritti sono immigrati, percentuale che sale al 50% per quanto riguarda edilizia ed agricoltura. Segno che dove la si favorisce, l’integrazione occupazionale degli immigrati funziona.