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Eravamo abituati alle gaffes del Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, alcune delle quali clamorose: “Times Square? Si trova a Londra”, “Cristoforo Colombo influenzato dalle teorie di Galileo Galilei”, per non parlare della dichiarazione che rilasciò da giurato del premio Strega quando disse di non aver letto i libri che stava votando. Ora, però, con l’affaire Boccia siamo abbondantemente oltre i limiti del ridicolo! Chissà come sarà dispiaciuto Maurizio Crozza di non aver ancora ripreso la sua trasmissione “Fratelli di Crozza”: avrebbe materiale per dieci puntate!

Ma al di là del “gossip” sul ruolo della dottoressa Maria Rosaria Boccia, gli occhiali che usava per riprendere i loro colloqui, le registrazioni delle telefonate fatte al personale del Ministero, l’intervento della moglie tradita che avrebbe preteso l’allontanamento dell’influencer di Pompei, è sul piano istituzionale che siamo di fronte a un’ondata di ridicolo che, oltre a travolgere Sangiuliano, rischia di travolgere l’intero Paese qualora il ministro non si dimetta. Con quale credibilità, infatti, si presenterebbe al G7 Cultura in programma in Campania dal 19 al 21 settembre, evento per il quale pare avesse ingaggiato l’ex amante/ex consulente? Evento sul quale pare si registri già un significativo cambio di programma proprio con la cancellazione della tappa a Pompei. C’è anche un altro aspetto inammissibile a livello istituzionale, ossia che un ministro della Repubblica Italiana, anziché riferire in Parlamento, si sia confessato in prima serata nella comfort zone del “Tg di Stato” ovvero il Tg1. E’ in Parlamento invece che deve chiarire se sia ricattabile o meno nel suo ruolo di ministro, se abbia speso soldi pubblici dei contribuenti per le trasferte della ex consulente/ex amante, e se la dottoressa Boccia abbia acquisito o meno materiale istituzionale riservato. E’ questo che ci interessa come italiani.

E c’è di più, Sangiuliano dovrebbe rassegnare le proprie dimissioni anche e soprattutto per ciò che (non) sta facendo come ministro. Il settore cinema, storicamente uno dei gioielli della cultura italiana, è paralizzato da mesi, con migliaia di lavoratori a spasso anche a Cinecittà, a causa della riforma delle norme che regolano l’erogazione del Tax Credit, norme rese sempre più accessibili a una risicata lobby di produzioni e distribuzioni, tagliando fuori le realtà più piccole e indipendenti. Col risultato di togliere spazio vitale alle produzioni d’essai. Non a caso, nei giorni scorsi i sindacati e i lavoratori dello spettacolo hanno protestato al Festival di Venezia contro questa riforma.

Presidente Meloni: la cultura in Italia merita di più e di meglio. Ne prenda atto e sostituisca il ministro Sangiuliano! Grazie.

Silvia Zamboni

Giornalista – Ambiente e Sostenibilità, Energia e Cambiamenti Climatici, Economia Circolare, Green Economy, Sharing e Digital Economy, Mobilità Sostenibile, Turismo Sostenibile, Agricoltura e Manifattura Biologica, Politiche Ambientali Europee.