Oggi in Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna si è discusso degli obiettivi strategici e delle scelte generali del Piano regionale di gestione dei rifiuti e per la Bonifica delle aree inquinate 2022-2027.
A seguire il testo del mio intervento:
Ringrazio l’assessora Priolo per averci accompagnato in diverse sessioni della Commissione, rendendo possibile un confronto articolato.
Come ho già fatto in Commissione, vorrei partire da una nota positiva che riguarda anche Europa Verde, ossia che nel documento strategico sia stata inserita la sistemazione finale delle discariche esaurite con l’installazione di impianti, di pannelli fotovoltaici. Questo era il tema di una risoluzione di Europa Verde che è stata approvata dall’Assemblea. Richiamo il fatto che non è vero che le risoluzioni siano perdite di tempo, ma possono essere davvero degli atti di indirizzo che poi vengono assunti nei provvedimenti della Giunta.
Ho apprezzato di questo documento strategico il fatto che si nomini esplicitamente la necessità di passare a prodotti intesi come “servizio” e che si sia sottolineata anche la strategicità degli acquisti verdi nella Pubblica amministrazione, in modo da dare mercato a quei prodotti che sono frutto di riciclo. È un modo, questo, naturalmente, che va a vantaggio della riduzione dei rifiuti e del loro ingresso nell’economia circolare.
Ho apprezzato, naturalmente, anche che il documento strategico assuma il target obiettivo delle quantità di rifiuti non riciclati pro capite, come aveva già fatto il Patto per il lavoro e per il clima.
La richiesta, ovviamente, è che quando si passerà al Piano vero e proprio si tenga conto dell’obiettivo al 2030 di 110 chili pro-capite di non riciclato, in modo da posizionare anche il Piano che, come annualità, si ferma al 2027, in funzione del raggiungimento di questo obiettivo.
Quali sono, secondo me, i punti critici che restano? Al di là del fatto che, come peraltro ha riconosciuto l’Assessora stessa dopo una mia sollecitazione in Commissione, sarà necessario porre mano alla legge sull’economia circolare, la n. 16 del 2015, che è stata sicuramente una legge pioniera nel nostro Paese. Allora svolgevo ancora la mia professione di giornalista e mi ricordo che la rivista, una di quelle con cui collaboravo, mi commissionò proprio un articolo su questo perché l’Emilia-Romagna era stata la prima Regione a darsi quella legge. Anzi, intervistai anche la collega Lia Montalti, che era stata relatrice di maggioranza. Poi, la Regione Emilia-Romagna è andata avanti su quel terreno, perché si è dotata dell’elenco dei sottoprodotti, che è un altro strumento fondamentale per creare mercato ai prodotti che sottraiamo a discariche e inceneritori, perché poi ci deve essere sempre il coté del reimpiego.
Adesso, però, da quella data sono entrate in vigore leggi che fanno riferimento al pacchetto europeo sull’economia circolare e quindi bisognerà porre mano a quella legge e riadattarla a quello che è intervenuto, mettendola anche in condizione di recepire le novità che sicuramente in questo ambito ci saranno, perché l’economia circolare è uno dei driver di sviluppo dell’economia sostenibile e quindi anche molti investimenti europei andranno in quella direzione.
Tra i punti critici, io risollevo quello di ATERSIR. È già stato ricordato da un collega che noi ci troviamo di fronte a delle mega imprese, le multiutility, che hanno un grande potere rispetto ai piccoli Comuni che devono fare i Piani di gestione dei rifiuti e quindi spesso sono indotti ad accettare le condizioni della multiutility anziché imporle. Ma questo succede anche con i Comuni più grandi, perché c’è questa ambivalenza di ruolo quando il Comune è contemporaneamente stakeholder, proprio nel senso classico, ossia possessore di azioni, e quindi ricettore di parte degli utili, però deve dare indicazioni anche a quei contratti di servizio rispetto alla pulizia delle strade, in questo caso, rispetto alla gestione dei rifiuti.
L’idea di aver identificato un corpo intermedio, ATERSIR, sarebbe buona, il problema è che ATERSIR non è dotato di personale sufficiente a metterlo in grado di fare veramente da cuscinetto tra le multiutility, i grandi gestori e i Comuni che devono affidare i servizi rifiuti.
Il tema di ATERSIR, quindi, va posto ed ATERSIR va reso veramente un agente che dà voce ai Comuni, che attualmente si affidano anche per la redazione dei loro piani alle multiutility che hanno personale e dipendenti per poterlo fare.
Tra gli altri elementi di cui, in vista del piano vero e proprio, bisognerà tener conto, quali la lotta allo spreco alimentare, l’integrazione della strategia plastic free dell’Emilia-Romagna nelle strategie di riduzione della produzione di rifiuti, perché dobbiamo partire da lì, ridurre a monte la produzione e quello degli imballaggi di plastica è uno dei maggiori fattori di produzione di rifiuti.
C’è poi il tema della tariffa puntuale, che è un’altra di quelle innovazioni introdotte dalla legge n. 16. Abbiamo visto nel rendiconto che si dà nel Documento strategico, che è importante anche per quello, perché è un documento che, senza tanti infingimenti, mette in fila delle cifre, sia quelle che segnalano l’obiettivo raggiunto, sia quelle che segnalano un discostamento dall’obiettivo, quindi è un documento di analisi che ci aiuta a capire quali sono i punti di debolezza, e uno di questi è sicuramente la diffusione della tariffa puntuale.
Anche in questo abbiamo visto che la tariffa puntuale ha portato a risultati molto diversi, perché dipende da come è congegnata, cioè se io ti do un quantitativo di rifiuto che comunque puoi smaltire a costo zero, è chiaro che questo quantitativo, più alto è, meno sono incentivato a ridurre il conferimento dei rifiuti. Questo si vede nella differenza tra aziende e altre, quindi chi dà una quota maggiore a disposizione lo fa anche per avere una certa quota di incasso garantito, chi si dà un margine minore è più a rischio di incassare di meno. Bisognerà trovare un sistema per cui la tariffa puntuale funzioni davvero, come mi dicono AIMAG a Carpi, dove c’è stata veramente una netta riduzione della produzione dei rifiuti.
Questo è il documento strategico, che ci dà la cornice, poi arriveremo al Piano e anche questo ci terrà impegnati. È chiaro che nel Piano andrà confermato l’obiettivo già presente nel documento strategico dei 110 chili di rifiuti non riciclati pro capite, come quota massima annuale, anche ai fini del meccanismo incentivante. E poi suggerirei questo, sempre come aggiornamento rispetto a quello che è intervenuto nel frattempo: inserirei anche il cosiddetto “compostaggio di prossimità” per ridurre la produzione dei rifiuti di natura alimentare, come indicato nelle direttive europee sull’economia circolare recepite dal decreto legislativo del 3 settembre 2020, n. 116. Poi, naturalmente, priorità a riduzione della produzione dei rifiuti, riuso e riciclo. Qui sarebbe interessante anche diffondere le esperienze dei cosiddetti “repair cafè”, luoghi, anche socializzanti, dove la gente impara a costo zero a riparare gli oggetti.
Infine, rispetto all’impiantistica, direi che è un grande successo della Regione aver portato quasi a zero il ricorso alle discariche, questo per i rifiuti solidi urbani. Per quanto riguarda l’altra impiantistica, quella di termovalorizzazione, anche questa impiantistica andrà utilizzata in coerenza con l’obiettivo al 2035, fissato nel Patto per il lavoro e per il clima, del 100 per cento di energia rinnovabile. È chiaro che il termovalorizzatore che brucia residui, rifiuti solidi urbani non è fonte rinnovabile.
A questi link i video interventi:
https://www.facebook.com/watch/?v=1889575484533250
https://www.facebook.com/silviazamboniverdi/videos/1398240603856940/