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Con un referendum di portata letteralmente storica, l’Ecuador smetterà di estrarre petrolio dal giacimento nella foresta amazzonica. Una decisione che mi fa davvero felice: ho visitato anni fa la foresta amazzonica e ho visto con i miei occhi la ricchezza della biodiversità di quell’habitat meraviglioso, a cominciare dai delfini argentati che nuotano e saltano nelle acque del Rio delle Amazzoni.

Ora l’esito del referendum porrà fine alle distruttive estrazioni nel Parco nazionale Yasuní, che si estende nella regione amazzonica del Paese per oltre 980mila ettari, un territori dichiarato riserva della biosfera dall’Unesco nel 1989 che ospita uno straordinario patrimonio naturale di cui trovate approfondimenti al link all’articolo riportato in fondo al testo.
Lo stop restituirà questa porzione di foresta alle popolazioni indigene, dopo cinquant’anni di distruzioni ad opera delle compagnie fossili PetroAmazonas e Texaco: acque residuali tossiche, costruzioni invasive e fuoriuscite di petrolio. Ora, in base alla sentenza della Corte costituzionale che ha dato il via libera al referendum, lo Stato ha un anno di tempo per smantellare le infrastrutture per l’estrazione.

A proposito di acque residuali tossiche, il Giappone, dall’altra parte dell’emisfero, ha invece deciso di sversare nell’oceano l’acqua radioattiva (per una quantità pari a quella contenuta in 500 piscine olimpioniche), frutto degli interventi di raffreddamento dei reattori e di decontaminazione della centrale atomica di Fukushima colpita da uno tsunami nel 2011. Da allora, l’operatore TEPCO ha raccolto 1,34 milioni di tonnellate di acqua utilizzata per raffreddare ciò che resta dei reattori ancora altamente radioattivi, mescolata con l’acqua sotterranea e la pioggia che vi è penetrata.
Lo sversamento, autorizzato dall’Agenzia Onu per l’energia nucleare, secondo Greenpeace è un’operazione che “viola i diritti umani delle comunità in Giappone e nella regione del Pacifico e non è conforme al diritto marittimo internazionale”.

Morale: il Paese che fa parte della “creme economica” del G7, ossia il Giappone, se ne infischia della sicurezza ambientale della Terra, la nostra casa comune. Mentre l’Ecuador, che da decenni ha posto vincoli severi anche alle visite di un altro paradiso, le Galapagos, rinuncia con voto popolare a sfruttare i giacimenti di petrolio, dando la priorità alla tutela delle popolazioni indigene amazzoniche e a quello straordinario patrimonio di biodiversità.

Anni fa ho visitato le Galapagos, e ho toccato con mano le restrizioni imposte ai turisti: sentieri percorribili per pochi tratti, divieto di toccare gli animali. Lì ho vissuto l’emozione di incontrare le gigantesche tartarughe centenarie terrestri. Quelle che contribuirono a definire la teoria della selezione naturale delle specie viventi di Charles Darwin, approdato alle Galapagos nel corso del viaggio di studio e ricerca, a bordo del suo mitico Beagle. E chissà se tra quelle che ho visto io ce n’erano anche di quelle viste da Darwin.

Silvia Zamboni

Giornalista – Ambiente e Sostenibilità, Energia e Cambiamenti Climatici, Economia Circolare, Green Economy, Sharing e Digital Economy, Mobilità Sostenibile, Turismo Sostenibile, Agricoltura e Manifattura Biologica, Politiche Ambientali Europee.