Oggi in Commissione congiunta Attività produttive e Ambiente dell’Assemblea legislativa regionale è stato presentato il rigassificatore che sarà operativo entro il 2024 al largo del porto di #Ravenna. Come illustrato dall’ingegner Elio Ruggeri, Amministratore Unico di Snam, il rigassificatore FSRU (Floating Storage e Regasification Unit) verrà ormeggiato ad una piattaforma già in essere e allacciato ad una conduttura sotterranea, a circa 8 metri di profondità, che a sua volta sarà collegata ad un altro gasdotto da realizzare a terra. La nave – lunga 300 metri, larga 43 e alta 44 – ritrasforma allo stato gassoso il gas liquefatto utilizzando come mezzo di scambio termico l’acqua del mare, che poi restituisce all’ambiente marino a una temperatura più bassa di 7 gradi.
Nel mio intervento ho espresso le perplessità di Europa Verde e del mondo ambientalista e, per quanto riguarda in particolare l’aspetto della sicurezza, ho chiesto in che modo l’impianto si integrerà con il piano generale di sicurezza del porto di Ravenna. L’ing. Ruggeri mi ha risposto che anche questa infrastruttura verrà trattata come quelle che rientrano nella direttiva Seveso e sono soggette a un rilascio da parte del Comitato tecnico regionale del nullaosta di fattibilità.
In merito alle altre mie richieste, SNAM ha specificato che la nave sarà ormeggiata a 8,5 km dalla costa e che la tubazione a terra è lunga 34 km. Per quanto riguarda la tipologia del gas liquefatto da trattare, ovvero se si tratterà dell’inquinatissimo shale gas made in Usa, l’ingegnere Ruggeri mi ha risposto che Snam fornisce solo il servizio e non si occupa dell’import del gas; a fine anno farà un’asta rivolta al mercato energetico e solo allora sapremo quali compagnie si avvarranno dell’impianto, che comunque, ha specificato a un’altra mia domanda, dovrà servire a dare risposta al fabbisogno nazionale.
Sono consapevole che ci troviamo in una situazione di emergenza energetica, causata principalmente dal ritardo nello sviluppo delle fonti rinnovabili (che ci rende dipendenti dall’energia primaria importata) e dalla mancata diversificazione dei paesi fornitori di gas, per cui oggi siamo esposti alle turbolenze generate dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Capisco quindi che si voglia correre ai ripari rispetto alla scarsità di gas metano che, alle condizioni oggi date, metterebbe a rischio sia le attività produttive sia il riscaldamento di case, uffici e luoghi di lavoro. Tuttavia, è altrettanto evidente che la soluzione che ci viene proposta guarda al passato e non al green deal nè alla transizione energetica. Inoltre, questa nave rigassificatrice di ultima generazione e le opere collegate che verranno realizzate in due anni – sperano – ha dei costi elevatissimi.
Aggiungo poi un inquietante elemento paradossale: proprio oggi apprendiamo da un articolo pubblicato da Altraeconomia, che ha rielaborato dati ufficiali del Ministero dello Sviluppo Economico, che da gennaio a maggio 2022 le esportazioni di gas dall’Italia sono aumentate del 578% rispetto al 2021, segnando un più 278% rispetto alla media degli ultimi dieci anni. Dati che sembrano smontare la retorica dell’allarme energia da compensare tramite l’importazione di metano liquefatto e i rigassificatori, contro la cui presenza nei porti si è già formata una rete di comitati territoriali attivi a Ravenna, Piombino, Brindisi, Sardegna e Sicilia.
Unica consolazione in linea con la transizione energetica: il progetto di eolico offshore Agnes che non verrà ostacolato dall’attivazione del rigassificatore.