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Oggi la Commissione per la parità e per i diritti delle persone dell’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna ha approvato la mia risoluzione che impegna la Giunta regionale a promuovere una riflessione sulla toponomastica e sull’uso dello spazio pubblico a fini celebrativi e a istituire un fondo regionale a sostegno della realizzazione di statuaria pubblica per le persone illustri dedicata in particolare a donne che si siano distinte per meriti personali professionali, scientifici, civici e umanitari, lasciando un segno nella storia della nostra regione.
La scarsa e inadeguata rappresentazione di donne di rilievo pubblico nella statuaria monumentale – un altro terreno di disparità di genere – è stata evidenziata dall’Associazione Donne Fotografe Italiane, che ha realizzato una mostra di foto, intitolata SCOLPITE, ospitata prima a Brescia e a Milano e poi lo scorso maggio a Bologna. Il tema del mancato riconoscimento pubblico di donne che si siano rese meritevoli di essere ricordate è stato ripreso di recente da diversi reportage su quotidiani e riviste nazionali, che hanno preso spunto dal censimento delle statue pubbliche femminili realizzate dall’Unità d’Italia ad oggi condotto dall’Associazione Mi Riconosci. Escludendo le figure allegoriche (come la Patria o la Vittoria), le figure mitologiche (come Venere o le Grazie) e quelle sacre (come la Madonna), se ne contano circa 190; di queste solamente il 17% è dedicato a donne per i loro meriti intellettuali o artistici.
Dalla mostra SCOLPITE e dall’indagine promossa dall’associazione Mi riconosci emerge non solo la scarsa valorizzazione nella statuaria e nella toponomastica di donne meritevoli di riconoscimento pubblico, ma anche una rappresentazione del femminile in gran parte stereotipata, che evidenzia come il problema riguardi pure le modalità con cui sono rappresentate le poche donne scolpite. L’esaltazione del sacrificio e delle attività di cura familiare sono una costante; in alternativa, le donne vengono rappresentate mentre svolgono lavori umili e pesanti, come la lavandaia esposta a Bologna dal 2001, e ritratta in modo da evidenziare, senza equivoci, lato a e lato b; oppure mentre aspettano il ritorno dei mariti dal lavoro, come la statua dedicata alla “Sposa dei marinai” che si trova nel porto di Rimini. Pochissime donne sono state scelte per meriti intellettuali, professionali, scientifici, sociali. E quando avviene, anche in questo caso a volte si cade nel triviale spinto e gratuito. Valga per tutti la scultura in bronzo dedicata ad Acquapendente (VT) a Ilaria Alpi e Maria Grazia Cutuli, le due coraggiose e valentissime giornaliste morte sul lavoro, in uno scenario di guerra, eppure raffigurate come due anonime silfidi qualsiasi, entrambi nude, che intrecciano le mani. A chi verrebbe mai in mente di dedicare un monumento celebrativo a un Indro Montanelli seduto, nudo ma con le parti intime ben visibili, davanti alla sua immortale Olivetti?
👉Anche nelle città dell’Emilia-Romagna la toponomastica e la statuaria monumentale penalizzano le donne. Con il voto di oggi, l’Assemblea legislativa dimostra di volere porvi rimedio impegnando la Giunta regionale a promuovere una riflessione – che coinvolga gli enti locali, la cittadinanza e le associazioni interessate – sull’uso dello spazio pubblico a fini celebrativi, per individuare figure di donne meritevoli non adeguatamente valorizzate. L’istituzione di un fondo regionale darà concretezza a questa riflessione e permetterà di avviare un percorso di riconoscimento pubblico di donne che per i loro meriti professionali, culturali, scientifici, sociali e civici abbiano lasciato un segno nella storia della nostra regione. Le critiche espresse oggi in commissione dall’opposizione – Lega e Fratelli d’Italia – dimostrano che c’è bisogno di fare questa riflessione, che non può essere liquidata con l’accusa di volere “quote rosa” anche nelle statuaria. Il riconoscimento pubblico, quello che Marc Augè chiama “il dovere di ricordare”, è un tratto culturale che definisce una comunità. Sostenere, in mancanza di altri argomenti, che “ci vuole ben altro” per le donne, è una scorciatoia buona per tutte le occasioni, che sottovaluta il potere di messaggio insito nei nomi di strade e piazze e nei monumenti. Ovviamente le battaglie per la parità sono di più ampio spettro. Ma fare anche questo percorso non significa dimenticare il resto.
L’approvazione della risoluzione di Europa Verde rappresenta il positivo esito di un percorso condiviso con l’assessore alla cultura Mauro Felicori che ringrazio ancora per la sensibilità dimostrata

Silvia Zamboni

Giornalista – Ambiente e Sostenibilità, Energia e Cambiamenti Climatici, Economia Circolare, Green Economy, Sharing e Digital Economy, Mobilità Sostenibile, Turismo Sostenibile, Agricoltura e Manifattura Biologica, Politiche Ambientali Europee.