Con Europa Verde oggi ero alla manifestazione del Primo Maggio a Bologna.
Tra le priorità di Europa Verde in tema di lavoro: il salario minimo garantito, la parità di retribuzione uomo donna a parità di mansione, e l’armonizzazione fiscale in Europa, per cancellare i paradisi fiscali e impedire la pratica del dumping fiscale all’origine delle delocalizzazioni di imprese dal nostro paese verso altri Stati membri UE.
L’altra priorità nel DNA di Europa Verde è rilanciare il sistema economico europeo in chiave di green economy. Il futuro del lavoro è VERDE: con l’economia verde si creano migliaia di posti di lavoro puliti che non inquinano e non danneggiano il clima e producono ricchezza.
La conferma viene anche dallo studio Employment implications of the Paris Climate Agreement, pubblicato da Eurofound (l’agenzia europea per le politiche sociali e del lavoro), citato in un articolo uscito su QualEnergia.it. Cosa dice in sostanza questo studio? Se l’Europa finanziasse la transizione energetica in linea con l’obiettivo di Parigi 2015 (ovvero contenere l’aumento delle temperature medie del Pianeta entro un grado e mezzo al 2050 rispetto ai livelli dell’era pre-industriale) si creerebbero più posti di lavoro e il PIL aumenterebbe.
L’analisi, basata sul modello macroeconomico E3ME sviluppato da Cambridge Econometrics, stima che l’Unione europea potrebbe aumentare il prodotto interno lordo e l’occupazione al 2030, rispettivamente, del +1,1% e +0,5% rispetto alle previsioni “business as usual”. A questo risultato si arriverebbe se, cambiando il sistema produttivo europeo, tutti i paesi fossero coinvolti a realizzare un’economia a basso impatto ambientale, riducendo le emissioni di anidride carbonica in tutti i settori (trasporti, edilizia, generazione elettrica, ecc.) come richiesto dagli accordi internazionali sul clima e investendo massicciamente in fonti rinnovabili.
Queste proiezioni si fondano su alcuni assunti, tra cui, ad esempio, l’assenza di frizioni/contrasti nel mercato del lavoro, sottolinea QualEnergia. In altre parole: si assume che la forza lavoro si adatterà rapidamente alla transizione energetica, a livello di competenze richieste, un elemento che dipenderà in massima parte dalle politiche dei vari governi.
L’altra assunzione è che non ci saranno barriere agli investimenti in tecnologie pulite, e che ogni Stato manterrà le sue capacità industriali in certi settori anche dopo i cambiamenti tecnologici: ad esempio, i grandi costruttori di auto e camion con motori termici diventeranno grandi produttori di veicoli elettrici, e così via (e prevedibilmente, il comparto minerario sarà quello che perderà il maggior numero di posti di lavoro nello scenario di transizione al 2030).
Economia verde: difende l’ambiente e il clima e crea nuova occupazione. Per un’Europa sostenibile e solidale #iovotoEuropaVerde