Pubblico di seguito il testo della recensione di Francesco Ferrante e Roberto della Seta del mio libro “Un’altra Europa. Sostenibile, democratica, paritaria, solidale”
Roberto Della Seta , Francesco Ferrante 13 giugno 2014
Un’altra Europa è possibile
Habermas, Stiglitz, Fitoussi e molti altri in un volume, a cura di Silvia Zamboni, che raccoglie una serie di contributi sull’idea di una Unione capace di reagire alla crisi economica e alla deriva euroscettica
Nel titolo – Un’altra Europa – è richiamato lo stesso nome scelto dalla sinistra radicale per la sua “Lista Tsipras”, ma la coincidenza è casuale perché il libro curato da Silvia Zamboni per Edizioni Ambiente ha tutt’altra ambizione: attraverso contributi decisamente autorevoli – tra questi Habermas, Stiglitz, Fitoussi, i due copresidenti dei Verdi europei Frassoni e Bütikofer –, disegnare un’idea Europa diversa, radicalmente diversa da quella guidata in questi anni dalle “larghe intese” tra popolari e socialisti. Un’Europa, come dice il sottotitolo, “sostenibile democratica paritaria solidale”.
Oggi, questo il problema più urgente e complicato che il libro curato da Zamboni fa emergere, in Europa sembrano confrontarsi due sole alternative: le ricette di austerità più o meno temperata da una parte, e le reazioni che rivendicano un ritorno della sovranità agli Stati nazionali. Reazioni tradizionalmente di destra – Fn, Ukip… – ma oggi accarezzate più o meno esplicitamente anche da forze di sinistra – Tsipras – e persino da movimenti come la Lega nati molto più in contrapposizione al loro Stato nazionale che all’Europa. Due alternative, su questo concordano tutti gli autori ospitati nel volume, entrambe irrealistiche prima ancora che dannose.
Da una parte l’ideologia dell’austerità ad ogni costo, come scrive nell’introduzione Zamboni, ha inaugurato un ciclo tuttora ininterrotto di “decrescita infelice” e di disoccupazione dilagante, e ora che s’intravede la ripresa rischia di produrre “jobless recovery”, cioè crescita senza nuova occupazione. Prima responsabile di questa scelta la Germania di Angela Merkel: sia un tedesco come Jürgen Habermas, sia un americano dal nome tedesco come Joseph Stiglitz, nei loro saggi puntano l’indice contro quello che Habermas chiama “ordoliberalismo” di Berlino, contro un approccio alla crisi che non incide sulle sue cause.
Sul fronte opposto le visioni neo-nazionaliste, anche al di là dei loro aspetti più odiosi di xenofobia, rimuovono del tutto l’incongruenza di risposte alla crisi europea che accrescerebbero – scrive ancora Habermas – il «crescente squilibrio tra una società mondiale sempre più interconnessa e la perdurante frammentazione della sfera degli Stati nazionali».
Finora invece stenta ad affermarsi la possibilità di una terza alternativa “sostenibile democratica paritaria solidale”, un’alternativa che recuperi e sviluppi il sogno federalista da cui è nata l’Unione europea e invece di mettere in discussione l’euro unifichi, come scrive Virgilio Dastoli citando la proposta fatta a suo tempo da Tommaso Padoa-Schioppa, «ventotto ‘national political constituencies’ in un’unica ‘european political constituency’, che coincida con la già esistente ‘european economic constituency’».
Come bene argomentano nel loro saggio Mario Pianta e Paolo Gerbaudo, i movimenti di critica all’austerità – dagli “Indignados” alle mobilitazioni sindacali – non sono riusciti ad acquistare un respiro e una dimensione davvero europei, transnazionali. A oggi, l’unica strategia “europeista critica” in campo sembra quella proposta dai Verdi e dall’idea di un “green new deal” fondato su innovazione energetica, riconversione ecologica dell’industria, costruzione di un welfare molto più aperto e inclusivo. Idea preziosa, assai solida nell’elaborazione di intellettuali prestigiosi e però ancora troppo debole – come confermano gli stessi risultati delle elezioni europee – per aprire brecce significative nei fortini assediati popolare e socialista.
Eppure proprio questa è la sola prospettiva concreta perché l’Europa non diventi periferia del mondo globale (Germania compresa: fra trent’anni nessun paese dell’Unione avrebbe titolo per partecipare al G7), perché contribuisca ad affrontare le due lotte planetarie alla povertà e ai cambiamenti climatici, perché lo “spettro” neo-nazionalista che si aggira per l’Europa prima o poi non espugni Londra o Parigi o magari Roma.
Come riuscire a “politicizzarla”? A questa domanda il libro curato da Zamboni non dà e non può dare risposta. Ma è la risposta decisiva.
http://www.europaquotidiano.it/2014/06/13/sostenibile-democratica-paritaria-solidale-unaltra-europa/